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Il numero 1 di Adecco Group Italia: i nuovi manager saranno empatici e capaci di dirigere da remoto

LUNEDÌ 14 GIUGNO 2021 | Lascia un commento
Foto Il numero 1 di Adecco Group Italia: i nuovi manager saranno empatici e capaci di dirigere da remoto
Scritto da Gabriel Bertinetto

Andrea Malacrida “immagina” il mercato del lavoro futuro

Andrea Malacrida spiega in questa intervista come “The Adecco Group” cerca di immaginare il futuro del mercato del lavoro italiano e anticipare le soluzioni ai problemi. Malacrida è l’amministratore delegato, o come preferiscono definirsi in casa Adecco, “country manager” per l’Italia. Una parte dell’attività del gruppo consiste nella “somministrazione di manodopera”, spesso con la formula dello staff leasing. Molto spazio ha il sostegno alla formazione professionale. Iniziativa singolare è il concorso “Ceo for 1 Month” riservato ai giovani. Il vincitore affianca per un mese il manager nazionale nell’amministrazione aziendale.


Adecco opera in diversi campi: selezione del personale, consulenza aziendale, formazione professionale, ricerca di figure professionali particolari attraverso il cosiddetto “head hunting”, etc. C’è qualcosa, dr. Malacrida, che accomuna i diversi tipi di attività e di servizi svolti? Un marchio distintivo, o una qualche forma di interrelazione fra i diversi settori?

Tutti i brand del Gruppo operano con tre principali obiettivi: ispirare con passione colleghi, individui e decision maker istituzionali e aziendali nel porsi alla guida del cambiamento; orientare in maniera responsabile e attiva le decisioni e le inclinazioni individuali, per favorire l’”occupabilità” e ridurre il mismatch (discordanza) fra domanda e offerta di lavoro; prevedere le trasformazioni che interesseranno in futuro il mercato del lavoro, in maniera da essere in grado di ridefinire modelli organizzativi e formativi. Puntiamo a favorire la competitività delle aziende e la continuità occupazionale degli individui. Detto con parole ancora più semplici, cerchiamo di aiutare tutti i giorni le aziende nella gestione del capitale umano, supportandole nell’attrarre e trattenere le migliori risorse, sviluppare i talenti e costruire insieme a loro le competenze necessarie per i lavori del domani. 


Voi siete presenti in molti Paesi, 60 se non erro. Cosa caratterizza la Adecco italiana rispetto alle consorelle estere? Mi riferisco a eventuali diversità di approccio, magari legate a particolarità del sistema produttivo e del mercato del lavoro del nostro Paese, o altro ancora.

Mi permetta di dire che ogni singola “Country” è molto diversa dall’altra. Naturalmente tutte recepiscono le indicazioni provenienti dalla sede centrale di Zurigo e incarnano i valori del Gruppo, ma essi vengono declinati in maniera diversa in ogni Paese, a seconda del contesto e della situazione economica, sociale e occupazionale locale. Le esigenze delle aziende sono differenti in ogni Paese, così come le necessità dei singoli individui con cui lavoriamo ogni giorno.

In generale, i pilastri su cui si basa la nostra attività quotidiana sono incarnati dai concetti di occupabilità e orientamento. Il primo concetto rappresenta la chiave per il mondo del lavoro futuro. Mi spiego: nei prossimi anni sarà fondamentale concentrarsi su questo concetto invece che su quello, con cui forse abbiamo più familiarità, di occupazione in senso stretto. In concreto, dovremo fare in modo, noi per primi, che ogni singolo lavoratore, candidato o studente venga messo nelle condizioni di formarsi, aggiornarsi ed eventualmente anche di ricollocarsi più facilmente, anziché essere vincolato al suo posto di lavoro. Il secondo, invece, è riassumibile nel nostro impegno per illustrare in maniera aggiornata sia gli aspetti legislativi del mercato del lavoro sia le nuove competenze necessarie ai professionisti per affermarsi in uno scenario in continua e rapidissima evoluzione.

 

In un vostro comunicato si legge che Adecco Group intende “anticipare il trend evolutivo del mondo del lavoro e aiutare le aziende italiane ad affrontare la ripartenza”. Come descriverebbe questo trend evolutivo che voi volete anticipare? 

Si tratta di una tendenza che era cominciata già prima della pandemia, ma che con la crisi economico-sanitaria ha subito un’accelerazione incredibile. Dal nostro osservatorio privilegiato siamo in grado di comprendere queste dinamiche prima di molti altri operatori. Questo ci consente di cercare di guidare aziende e lavoratori nel percorso di adattamento. Nel corso dei prossimi mesi bisognerà, ad esempio, continuare un lavoro di rapido adattamento alla nuova normalità. In particolare, ci sono un paio di aree da considerare: la prima è lo smart working, che rimarrà una pratica costantemente adottata dalle aziende: sarà fondamentale dunque investire in infrastrutture digitali e in nuove competenze. Inoltre, nascerà un nuovo modello di leadership: ci sarà bisogno di manager in grado di guidare i loro collaboratori anche da remoto. Questi aspetti rappresentano solo l’inizio di una radicale trasformazione del modo di lavorare, sia dal punto di vista dei singoli professionisti, sia dalla prospettiva delle organizzazioni. Sarà fondamentale saper leggere i cambiamenti per comprendere in anticipo le trasformazioni del mercato del lavoro e incidere, positivamente, sulle capacità di risposta del capitale umano.


Superata, si spera, entro il 2021 l’emergenza sanitaria, il 2022 sarà probabilmente l’anno del rilancio per l’economia italiana. In quali settori? Ci sono attività che faticheranno di più a riprendersi? 

Nonostante la luce in fondo al tunnel sembri ormai molto vicina, la situazione occupazionale rimane molto delicata. A partire dal primissimo lockdown, comunque, a fronte del crollo di alcuni settori, l’emergenza ha portato a un boom di richieste per altri comparti, in particolare quello medico, chimico-farmaceutico e scientifico, produzione, industria e logistica legate all’e-commerce, segreteria e call center, grande distribuzione organizzata, pulizia e interventi di sanificazione, agricoltura e materie plastiche.

Ci sono però anche settori e aziende che continueranno a soffrire più di altri: mi riferisco a coloro che operano nel turismo, nella ristorazione, nella vendita al dettaglio di prodotti non alimentari e nella moda. Per loro sarà molto complicato riuscire a mettere a posto i bilanci anche adesso che possono ricominciare a svolgere un’attività continuativa nel tempo.


Alan Dehaze, CEO (amministratore delegato) globale di Adecco Group, sostiene che in questa fase il mercato del lavoro richiede leader dotati di “intelligenza emotiva”. Può chiarire meglio questo concetto? Lei, dr. Malacrida, nella sua azione fa uso di “intelligenza emotiva”? 

Il nuovo modello di leadership è un aspetto molto importante, di cui le ho velocemente parlato prima. Il tema è legato al nuovo approccio che devono avere i leader del futuro: sarà infatti fondamentale un cambiamento mentale e culturale per riuscire a venire incontro alle nuove esigenze dei lavoratori. Credo che l’intelligenza emotiva faccia parte proprio di questo nuovo approccio: si tratta di una “soft skill” molto importante, una competenza trasversale che nei prossimi anni sarà fondamentale per riuscire a gestire in maniera adeguata risorse e team. 

Pensi che uno studio presentato dal Gruppo qualche mese fa conferma esattamente questo aspetto: il 74% dei lavoratori intervistati desidera che i propri manager abbiano uno stile di leadership incentrato su empatia e supporto ai dipendenti.  

 

Una delle società che fanno parte di “Adecco Group” si chiama semplicemente “Adecco”, ed opera come un’agenzia del lavoro tradizionale, assumendo persone per conto di questa o quella azienda. C’è anche in questo caso qualcosa che vi differenzia?

La somministrazione di manodopera è solo il più noto dei servizi offerti da Adecco, azienda che in vent’anni, da soggetto privato visto come semplice intermediario, è diventata una vera e propria parte datoriale. Degli oltre 45.000 lavoratori in somministrazione, infatti, oltre 20.000 sono assunti direttamente da noi con la formula della somministrazione in Staff Leasing (ossia l’assunzione a tempo indeterminato da parte di Adecco che di volta in volta “presta” la forza lavoro alle aziende clienti per periodi di tempo più o meno lunghi). Questo credo che sia uno degli aspetti più importanti e di cui si parla sempre troppo poco.


Può spiegare meglio come funziona lo “staff leasing”? Cosa accade, ad esempio in termini retribuitivi, contributivi, etc, nei periodi in cui l’individuo da voi assunto, non è impiegato altrove? Quanto è diffuso lo staff leasing? In quali settori? Può fare qualche esempio significativo?

Come dicevo, lo Staff Leasing, o somministrazione di lavoro a tempo indeterminato, consiste nel fornire manodopera a seguito di un’assunzione a tempo indeterminato che un’agenzia per il lavoro come Adecco effettua in favore di un’azienda. Lo Staff Leasing rappresenta una forma di flessibilità occupazionale di lungo periodo e uno strumento di organizzazione e gestione del personale attraverso un modello d’integrazione tra azienda utilizzatrice e agenzia per il lavoro. Quest’ultima dunque è al contempo titolare del contratto commerciale con la ditta cliente e del rapporto di lavoro con il lavoratore. Trattandosi di un contratto a tempo indeterminato non ci sono limiti di durata della missione e per ovvie ragioni non si applicano le regole inerenti alle proroghe. Nel contratto di lavoro di Staff Leasing viene determinata un’indennità mensile di disponibilità corrisposta dal somministratore al lavoratore per i periodi nei quali quest’ultimo rimane in attesa di essere inviato in missione. La misura dell’indennità di disponibilità dipende dal contratto collettivo nazionale di lavoro.


Tra i vantaggi di questo tipo di contratto ci sono alcuni aspetti fondamentali come la Flexsecurity, flessibilità di medio-lungo periodo per le aziende utilizzatrici e al contempo tutele per i lavoratori a tempo indeterminato; l’accesso alla formazione finanziata Formatemp; il “Caring” e il Welfare dei lavoratori a carico dell’agenzia per il lavoro.

 

Da qualche anno promuovete un’iniziativa singolare chiamata “CEO for 1 month”. In sostanza un concorso riservato a giovani che desiderino fare un’esperienza manageriale affiancando per un mese l’amministratore delegato alla guida di Adecco Group. Può illustrarci come avviene la selezione, e in che modo poi concretamente il vincitore assiste il CEO (Chief Executive Officer)? Magari faccia riferimento a casi concreti dell’edizione appena conclusa o di quelle precedenti.

L’iniziativa è nata nel 2011 in Norvegia ed è giunta alla sua 7° edizione in Italia. Si tratta di un “talent program” che ha l’obiettivo di scovare e valorizzare i migliori giovani talenti a livello globale, fornendo loro un’opportunità di crescita personale e professionale e mettendo in palio per i vincitori la possibilità di affiancare per un mese gli Amministratori Delegati del Gruppo Adecco nei 46 Paesi che aderiscono al progetto. I vincitori assistono fisicamente ad ogni attività e meeting di lavoro a cui partecipano.

L’iniziativa cresce anno dopo anno: nell’edizione 2020 i candidati furono più di 11.600 in Italia e 206.700 a livello globale, mentre in quella del 2021 si è registrata un’ulteriore crescita con oltre 12.000 candidature. L’edizione 2021, tra l’altro, si è appena conclusa ed è stata vinta da Federico Tangorra, cremonese di 23 anni laureando in Management Engineer al Politecnico di Milano, che grazie alla capacità analitica e al livello di maturità dimostrato, nonostante la giovane età, ha impressionato i recruiter che hanno condotto le prime fasi della selezione (online) e ha convinto il top management del Gruppo Adecco e i membri della giuria.

Inoltre, siamo particolarmente felici di constatare come “CEO for 1 Month” preluda assai spesso a sbocchi professionali molto interessanti per i partecipanti: l’80% dei best performer degli anni passati già lavora nonostante la giovane età e il 70% di questi ha trovato un’occupazione dopo meno di sei mesi dalla conclusione dell’iniziativa. Inoltre, a livello di retribuzione, il 40% dei giovani dichiara di essere assunto con una RAL (Retribuzione annua lorda) tra i 30 e i 50 mila euro, mentre il 17,5% di loro guadagna addirittura una cifra persino superiore ai 50 mila euro.


Vi occupate anche di formazione professionale. Che tipo di formazione? Immagino che vi concentriate su qualche aspetto particolare: forse la crescita delle competenze digitali? O altro?

Nel corso degli ultimi anni The Adecco Group ha lanciato tantissime iniziative finalizzate all’up-skilling o al re-skilling dei professionisti. Ciò che mi preme sottolineare in merito a questo argomento è  l’importanza della formazione continua in generale. In particolare, nei prossimi anni sarà fondamentale concentrarsi su due tipologie diverse di “skill”: le competenze soft, che sono sempre più importanti, soprattutto per i giovani laureati o laureandi che possiedono poche o minori “hard skill” rispetto a chi lavora da anni. Nel mondo del lavoro è ormai fondamentale disporre di  queste competenze trasversali a più settori e a più professionalità. Quanto alle competenze digitali, sono ormai diventate un requisito base imprescindibile, come dimostra il crescente utilizzo della tecnologia che ha permesso alle aziende di continuare ad operare anche ai tempi del lockdown. Averle già sviluppate rappresenta certamente un aspetto importante e un vantaggio competitivo da non sottovalutare. Secondo l’ultima edizione del Future of Jobs del World Economic Forum, infatti, l’evoluzione tecnologica porterà il 15% della forza lavoro delle aziende verso la necessità di cambiare modo di lavorare entro il 2025, e in media il 6% dei lavoratori potrebbe essere sostituito dalle macchine.


Adecco si serve di una piattaforma digitale chiamata “Phyd” per misurare il grado di occupabilità degli individui e suggerire il tipo di formazione utile ai singoli casi. Come funziona?

L’esempio di PHYD si sposa perfettamente proprio con il concetto di formazione continua. Il progetto, che abbiamo lanciato come gruppo Adecco, nasce dal concetto di “occupabilità” per rispondere alla crescente esigenza di formazione. Disponiamo di uno spazio fisico tecnologicamente avanzato, inaugurato a settembre nel cuore di Milano chiamato PHYD Hub: un contenitore d’innovazione che ospita corsi, workshop, dibattiti, con un palinsesto che prevede l’intervento di personalità di spicco, imprenditoriali e manageriali, all’insegna della condivisione di esperienze e conoscenze. E’ un servizio a disposizione di studenti e professionisti per aiutarli a trovare il giusto indirizzo nel mercato del lavoro.  

Ma PHYD non è solo una location milanese. Come giustamente anticipava lei, il progetto nasce con il lancio di una piattaforma digitale in grado di generare un indice di “occupabilità” individuale, vale a dire un valore che indica quanto le competenze hard e soft in possesso dal singolo sono apprezzate e spendibili nel settore di riferimento individuale e come si possano colmare eventuali gap rispetto alle proprie ambizioni professionali.


Alla base della vostra attività sta lo sforzo di “immaginare le trasformazioni che insisteranno sul futuro del mercato del lavoro”. Formula suggestiva. In che modo concretamente si realizza questo anticipo dei cambiamenti in arrivo? A quali metodologie ricorrete per analizzare il presente e prevedere il futuro?

Il nostro lavoro quotidiano, il contatto con migliaia di professionisti e con molte tra le più grandi realtà economico-produttive del Paese è il segreto della nostra capacità di leggere le trasformazioni e le dinamiche future del mercato del lavoro. Come dicevo poco fa, il nostro punto di osservazione privilegiato ci consente di percepire quali siano le esigenze di aziende e professionisti. Siamo così in grado di anticipare i trend che si stanno affermando non solo a livello nazionale ma anche a livello internazionale. 

Naturalmente è fondamentale avere la capacità di tradurre l’analisi che scaturisce dall’osservazione quotidiana in spunti di riflessione e suggerimenti utili a tutte le realtà con cui lavoriamo, affinché possano gestire meglio i cambiamenti che stiamo vivendo.
 



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