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Concordi i ricercatori: conciliare vita e lavoro esigenza primaria nell’Italia di oggi

VENERDÌ 07 LUGLIO 2023 | Lascia un commento
Foto Concordi i ricercatori: conciliare vita e lavoro esigenza primaria nell’Italia di oggi
Scritto da Gabriel Bertinetto

Gli studi statistici sul mondo del lavoro possono essere divisi in due categorie: quelli che  descrivono una realtà di fatto (livelli salariali, tipi di contratto, distribuzione della disoccupazione per aree geografiche o fasce d’età, etc.) e quelli che illustrano l’atteggiamento nei confronti del lavoro, le preferenze, le opinioni, i desideri e i timori di coloro che hanno o cercano un’occupazione. 

A questo secondo tipo di ricerche appartiene un’interessante indagine recentemente effettuata da un importante quotidiano, il Corriere della Sera, attraverso un questionario sottoposto ai lettori sul proprio sito online. Il dato generale che ne viene fuori è un sentimento diffuso di insoddisfazione. Esso deriva in parte dalla perdita di potere d’acquisto: il 67% dei lavoratori dipendenti e il 50% degli autonomi lamenta infatti un aumento del costo della vita superiore agli incrementi di guadagno. Ma le ragioni del malcontento sono anche altre e una di queste riguarda i tempi di lavoro e di vita. Tre quinti dei lavoratori dipendenti e due quinti degli autonomi sentono il peso delle troppe ore dedicate all’attività professionale, e la metà delle 3700 persone che hanno risposto al questionario sarebbe addirittura disposta a incassare una retribuzione inferiore se in cambio ottenesse una maggiore quantità di tempo da dedicare a sé.

Più in generale l’esigenza sentita da molti è la possibilità di conciliare meglio la vita privata con quella lavorativa. Essa si manifesta in diversi modi. Con la predilezione per modalità lavorative che consentano al singolo una maggiore autonomia organizzativa, attraverso lo smart working ed orari flessibili. Ma anche con precise richieste nell’ambito del sistema di welfare, affinché siamo garantiti servizi più diffusi ed efficienti per la cura delle persone. Il 30% chiede il rafforzamento dei servizi domiciliari per gli anziani, il 26% vuole più asili nido. E non sono solo le donne a dimostrarsi sensibili al problema. Un terzo dei maschi sostiene di avere sacrificato i progetti di mettere al mondo dei figli a causa della difficoltà di costruire un soddisfacente equilibrio fra gli impegni di lavoro e le responsabilità familiari.

I risultati di questo sondaggio trovano conferme ed ampliamenti in una ricerca svolta da “Ipsos” che riguarda esplicitamente “la percezione del lavoro nell’Italia di oggi”. Anche qui è massiccia la percentuale di individui per i quali un rapporto bilanciato tra interessi privati e attività professionale rappresenta un obiettivo fondamentale: 62%. Alta anche la percentuale di coloro per i quali tale obiettivo è difficilmente perseguibile: 25%. Quando viene chiesto un giudizio globale sui cambiamenti avvenuti nel mondo del lavoro, ad affermare che ci sono stati sì ma in peggio è una fetta di italiani addirittura superiore ai tre quinti.

L’indeterminatezza di questa bocciatura mette in luce più un atteggiamento di fondo che la denuncia di specifici aspetti negativi. Ma le risposte ad altri quesiti rivelano ciò che probabilmente si nasconde dietro quella generica condanna. Emerge ciò che i lavoratori vorrebbero e che evidentemente non è loro offerto adeguatamente nelle realtà in cui operano. Ancora una volta la flessibilità di tempi e spazi lavorativi è una richiesta centrale. Più di metà gradisce l’alternanza fra lavoro in sede e da remoto, e addirittura l’84% auspica una più elastica organizzazione dei turni di lavoro.

Questo scenario psico-sociale, nel quale l’autonomia personale e la voglia di organizzare la propria vita privata in maniera non residuale rispetto a quella lavorativa rappresentano un elemento di importanza fondamentale, viene spiegato dai ricercatori di Ipsos, almeno in parte, come una reazione di auto-difesa di fronte alle difficoltà legate alla sempre più rapida obsolescenza delle competenze professionali di ciascuno. Il senso di insicurezza che ne deriva, indurrebbe insomma a concentrare l’attenzione sulla propria esistenza extra-lavorativa e familiare.

Quando si restringe il campo di osservazione al mondo giovanile vengono fuori altri elementi. Secondo Ivana Pais, docente di Sociologia Economica all’Università Cattolica di Milano, “le nuove generazioni non considerano più il lavoro al primo posto”. Questo atteggiamento non è frutto di pigrizia, ma di una riflessione sul modo in cui è cambiato il lavoro rispetto all’epoca in cui erano giovani i genitori o i nonni. Un tempo l’idea del lavoro era positivamente collegata per alcuni alla garanzia del posto fisso, per altri alla corrispondenza fra un titolo di studio elevato e ottime retribuzioni. Oggi entrambe le cose sono messe in crisi dalla necessità di un costante e frequente aggiornamento professionale. Quanto al bilanciamento fra vita privata e lavorativa, questa esigenza fra i più giovani viene declinata in maniera diversa rispetto ai lavoratori più anziani. Per questi ultimi la soluzione può essere una forte dose di smart working. I giovani invece, afferma Ivana Pais, hanno anche “fame di socialità in presenza”. Son infatti “i primi a rendersi conto di avere bisogno di un confronto costante per apprendere”. 

La preferenza comunque, anche fra i giovani, va a  modalità di impiego “ibride”, che sono gradite dal 67% dei nati fra il 1995 e il 2003 e dal 63% dei “millennials” (nati fra il 1983 e il 1994). Questi dati si trovano in un’indagine di “Deloitte”, da cui risulta anche, oltre al desiderio di realizzare un buon equilibrio fra lavoro e vita privata, l’importanza che rivestono fra i giovani le opportunità di apprendimento e di crescita. Esse rappresentano uno dei principali fattori alla base delle scelte nel momento in cui si cerca un nuovo impiego. Ma forse il dato che colpisce di più è il ruolo attribuito agli affetti (famiglia e amici) nella scala di valori dei giovani italiani: sette su dieci li antepongono alla carriera.



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