Caldo eccessivo: quando il lavoratore può rifiutarsi di lavorare? L'Inps dal 2017 prescrive la possibilità di chiedere la cassa integrazione per chi è costretto a lavorare sotto il sole con temperature superiori ai 35 gradi. I datori di lavoro sono tenuti anche a riprogrammare le attività non prioritarie, predisporre acqua per i lavoratori e aree ombreggiate per le pause. Andiamo a scoprire tutti i dettagli nel resto dell'articolo.
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L'estate è una stagione che porta con sé temperature elevate e caldo intenso. Ma cosa dice la Legge riguardo alle condizioni di lavoro in periodi di caldo intenso?
Premesso che la salute e la sicurezza dei lavoratori sono una priorità in qualsiasi ambiente di lavoro, in molti paesi, esistono leggi specifiche che regolamentano le condizioni di lavoro, comprese quelle relative alle temperature estreme. Ad esempio, nella maggior parte degli stati membri dell'Unione Europea, la direttiva 89/391/CEE stabilisce che i datori di lavoro devono adottare misure per garantire la sicurezza e la salute dei lavoratori, compresi quelli relativi alle condizioni di lavoro in caso di temperature elevate.
In Italia, l'articolo 2087 del codice civile afferma che il datore di lavoro è obbligato a tutelare la salute e l’integrità fisica e morale del lavoratore, per fare ciò deve adottare nell’esercizio dell’impresa tutte le misure che sono necessarie. Nello specifico, quando le temperature eccezionalmente elevate e superiori a 35° impediscono lo svolgimento di fasi di lavoro in luoghi non proteggibili dal sole o che comportino l'utilizzo di materiali o lo svolgimento di lavorazioni che non sopportano il forte calore, il lavoratore può richiedere la Cassa integrazione ordinaria (CIGO).
L'Inps dichiara che l'ammortizzatore sociale può essere richiesto quando si rilevano temperature "eccezionalmente elevate, considerate capaci di impedire lo svolgimento di fasi di lavoro in luoghi non proteggibili dal sole o che comportino l'utilizzo di materiali o lo svolgimento di lavorazioni che non sopportano il forte calore". E questo concetto vale anche per le temperature percepite, ricavabili anch’esse dai bollettini meteo, quando le stesse siano superiori alla temperatura reale. Il diritto all’ammortizzatore sociale può quindi scattare anche al di sotto dei 35°C.
Il caldo estremo come motivo per la richiesta della CIGO ricade sotto la causale “eventi meteo”. Da sottolineare che per attivare l’integrazione salariale è richiesto che il responsabile della sicurezza disponga la sospensione o la riduzione dell’attività lavorativa. Sarà poi il datore di lavoro a dover farsi carico della richiesta per la Cassa integrazione, specificando quali sono le giornate in cui l’attività lavorativa viene sospesa o ridotta e anche la tipologia di mansioni svolte. Non è invece obbligatorio dar prova del caldo, in quanto sono informazioni pubbliche controllate direttamente dall’Inps.
L’Ispettorato nazionale del lavoro, con la nota n.5056 del 13 luglio 2023, ricorda che “l’esposizione eccessiva allo stress termico comporta l’aumento del rischio infortunistico atteso che la prestazione lavorativa si espone a situazioni particolari di vulnerabilità”.
Ma quali sono i lavori considerati più a rischio in caso di ondate di caldo? Vediamo i principali che rientrano nelle cosiddette “attività non occasionale all’aperto”:
edilizia civile e stradale (soprattutto per i cantieri e i siti industriali;
comparto estrattivo;
settore agricolo e della manutenzione del verde;
comparto marittimo e balneare.
L'INAIL spiega inoltre: “Altri fattori importanti che possono concorrere nella valutazione del rischio e/o del suo aggravamento in chiave prevenzionistica e ispettiva, da considerare nelle misure volte ad affrontare e mitigare i rischi del lavoro in condizioni di calore, sono gli orari di lavoro che comprendono le ore più calde e soleggiate”. Si parla quindi di quelle “a elevato rischio di stress termico” tra le 14:00 e le 17:00. Altri fattori da considerare sono poi “le attività che richiedono intenso sforzo fisico, anche abbinato all'utilizzo di dispositivi di protezione individuale (DPI)”. E ancora:
l’ubicazione del luogo di lavoro;
la dimensione aziendale;
le caratteristiche di ogni singolo lavoratore (età, salute, status socioeconomico, genere).
Per approfondire:”Come difendersi dal caldo record sul lavoro: le regole secondo l'Inail”