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Cresce la domanda di colf e badanti, ma quasi la metà lavora in nero

LUNEDÌ 30 GIUGNO 2025 | Lascia un commento
Foto Cresce la domanda di colf e badanti, ma quasi la metà lavora in nero
Scritto da Gabriel Bertinetto

Fra i settori dell’economia italiana che “tirano”, uno è certamente quello del lavoro domestico e della cura alle persone. Il bisogno di questo tipo di prestazioni non fa che aumentare, ed entro la fine del prossimo triennio si prevede che complessivamente la richiesta di colf e badanti giungerà a superare 2 milioni e 74mila unità. Questa cifra corrisponde a 86mila occupati in più rispetto alla situazione attuale. Ciò risulta da uno studio intitolato “Laboratorio su casa, famiglia e lavoro domestico”, compiuto da Assindatcolf (Associazione Sindacale Nazionale Datori di Lavoro dei Collaboratori Familiari) assieme al Centro IDOS (Immigrazione Dossier Statistico). Stando a questa ricerca, l’aumento sarà costante nel tempo. Si prevede infatti che a quegli 86 mila aggiuntivi previsti per il 2028 si arrivi con un incremento della domanda pari ad oltre 28mila unità in ciascuno dei tre anni.

 

Un altro aspetto notevole della questione è il peso rappresentato dalla componente straniera in questo tipo di manodopera, addirittura il 69% secondo l’Inps, e questo nonostante che nell’arco dell’ultimo triennio ci sia stato un calo di oltre il 18%. Si tratta dunque di uno di quei settori del mercato del lavoro al cui sviluppo contribuirebbe un approccio razionale e concreto alle politiche di immigrazione. Secondo Gabriele Barbaresco, direttore dell’Area Studi di Mediobanca, il ricorso agli stranieri offre “una leva di rapida attivazione per contrastare un insieme di fattori negativi che, innescati dall’invecchiamento degli occupati in Italia, pone alle imprese crescenti difficoltà di reperimento di risorse”. Se questo vale per le aziende, vale anche per le famiglie che si trovino ad esempio alle prese con la necessità di reperire una persona alla quale affidare un parente non autosufficiente. 

 

L’importanza dell’opera di colf e badanti nel contesto del sistema di welfare italiano è stata sottolineata in un recente convegno organizzato dall’Inps assieme a Nuova Collaborazione (un’altra associazione che come Assindatcolf agisce nel campo del lavoro domestico). A questo scopo pero è importante che colf e badanti siano assunti con regolare contratto. “Servono versamenti contributivi, collegati a salari dignitosi, che certifichino un’attività regolarmente assicurata”, ha dichiarato in quell’occasione Maria Luisa Gnecchi del Consiglio di Amministrazione Inps. Le ha fatto eco Alfredo Savia, presidente di Nuova Collaborazione, secondo cui è “indispensabile promuovere una cultura della legalità e della dignità nel lavoro” e bisogna altresì “sostenere le famiglie con  strumenti fiscali equi e duraturi sollevando le famiglie da una responsabilità che oggi ricade quasi esclusivamente su di loro”.

 

Con lo sguardo rivolto al prossimo futuro Assindatcolf sostiene che, essendo la componente di immigrati extra-comunitari quella prevalente per “coprire il fabbisogno aggiuntivo di lavoratori domestici”, sarebbe opportuno prevedere “nella prossima programmazione triennale dei Decreti Flussi una quota minima annuale di circa 14.500 unità da dedicare all’assistenza domestica e familiare”. Intervenendo sul medesimo tema Luca Di Sciullo, presidente di Idos, sostiene quanto sia importante “rendere trasparente e tracciabile l’intero percorso di inserimento occupazionale dei migranti” soprattutto in un comparto come quello domestico, in cui “nello spazio collaterale degli accordi informali si annida il rischio di abusi e sfruttamento”

 

Il lavoro nero fra colf e badanti non riguarda solo il personale straniero. Globalmente, fra italiani ed immigrati, opera senza un valido contratto quasi la metà degli occupati. Il tasso di irregolarità stimato dall’Inps è infatti lievemente superiore al 47%. Il dato è davvero clamoroso, quasi cinque volte più alto rispetto alla media del mercato del lavoro nel suo insieme, che si ritiene sia di poco inferiore al 10%. Un modo positivo per affrontare il problema consisterebbe secondo Assindatcolf nel concedere a chi assume regolarmente colf e badanti un credito d’imposta del 50%. Il tasso di irregolarità calerebbe dall’attuale 54% a poco sopra il 20%. In termini assoluti, secondo le stime dell’associazione, emergerebbero così dal nero circa 460mila lavoratori e lavoratrici. Calcolando che il lavoro sommerso di un numero così grande di persone significa 1 miliardo e mezzo di contributi non versati e oltre 900 milioni di imposte sul reddito evase, lo Stato subisce complessivamente ogni anno un danno pari a 2 miliardi e 400mila euro. Introducendo il credito d’imposta questa perdita scenderebbe sotto il miliardo. Come dichiarò il presidente dell’associazione Andrea Zini nel momento in cui la proposta fu lanciata l’anno scorso, “la situazione economica del Paese è andata peggiorando e questo ha reso sempre più inaccessibile il ricorso all’assistenza in casa, soprattutto per la non autosufficienza”. Ciò, secondo Zini, richiede “un ripensamento del sistema fiscale, per risolvere non solo il problema dei costi ma anche quello del lavoro sommerso”. A suo giudizio il credito d’imposta può “raggiungere una platea più ampia della deducibilità dal reddito ed in modo più equo”.

 

Guardando alla questione da un altro angolo visuale, il forte ricorso delle famiglie al sostegno di badanti consente oggi allo Stato di economizzare sui costi connessi alla fornitura di assistenza in strutture residenziali. Il rapporto annuale sul lavoro domestico pubblicato sei mesi fa dall’Osservatorio Domina quantifica in 6 miliardi il risparmio di cui ha beneficiato nel 2023 l’amministrazione pubblica in virtù degli oltre 7 miliardi spesi dai privati per affidare alle badanti la cura dei parenti non autosufficienti. 

 

Dal già citato rapporto dell’Osservatorio Domina emergono altri dati utili ad avere un’idea precisa della rilevanza di questo tipo di attività in relazione al complesso della vita sociale ed economica del Paese. Sommando colf e badanti la spesa complessiva annua delle famiglie italiane si aggira intorno a 13 miliardi di euro. I lavoratori regolarmente assunti erano nel 2023 circa 834mila, più o meno equamente suddivisi fra badanti e colf, ma con una forte preponderanza femminile: oltre l’88%. Le cifre relative alle retribuzioni descrivono un mondo in cui variano notevolmente da caso a caso sia il numero di ore lavorate sia il tipo di contratti. In considerazione di ciò si può capire per quali ragioni sia tanto elevata (addirittura un quarto del totale) la quota di lavoratori domestici con una paga annua inferiore ai 3000 euro, mentre sia solo un quinto del totale il numero di coloro che ne ricevono almeno 12mila. Significativo poi come, secondo l’Inps, siano generalmente più consistenti i compensi per l’attività di badante rispetto a quelli delle colf. In media gli appartenenti alla prima categoria ottengono il 30% in più. Ancora più interessante forse è rilevare come il lavoro domestico sia uno dei pochi in cui le donne sono meglio retribuite rispetto agli uomini. Nel 2024 la media era rispettivamente di 7800 euro e 7500 all’anno.



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