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Insoddisfazione lavorativa: 5 consigli per riconoscerla e affrontarla

LUNEDÌ 13 LUGLIO 2020 | Lascia un commento
Foto Insoddisfazione lavorativa: 5 consigli per riconoscerla e affrontarla
Scritto da Stefania Pili

Cosa fare se il lavoro inizia a starvi “stretto”? Come riuscire a sbloccare una situazione in cui si convive con un'insoddisfazione costante unita a stress e infelicità generale? Le cause di questo malcontento possono essere molteplici, non appartengono a uno specifico settore, né a condizioni lavorative comuni come lo stipendio o il livello professionale. Al giorno d'oggi infatti, il tema dell'insoddisfazione lavorativa è di grande attualità e colpisce persone appartenenti a diversi settori, da quello dei servizi a quello manifatturiero, sia a livelli dirigenziali più alti che a quelli più bassi.

Ciò che più determina l'insoddisfazione sono principalmente i ritmi frenetici, i carichi di lavoro eccessivi e gli ambienti di lavoro cosiddetti “tossici”, caratterizzati da rapporti pessimi con i propri colleghi, competizione eccessiva e malumori collettivi. Tutto questo può portare a un forte stress, ansia quotidiana e malessere psicofisico quotidiano. Difficoltà, pressioni e la gratificazione ridotta possono quindi generare scarsa motivazione e rendere la vita un vero e proprio tormento non solo per voi, ma anche per chi vi sta attorno. È chiaro, infatti, che un comportamento ostile e negativo va a influire sull'impegno su ciò che fate e sul conseguente raggiungimento degli obiettivi. Tutto ciò sarà chiaramente controproducente, mettendo a rischio anche la vostra reputazione.

 

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Le cause dell'insoddisfazione lavorativa

In generale, possiamo affermare che il tutto nasce principalmente dal non sentirsi realizzati sia livello personale sia a livello professionale, dando origine a infelicità e bassa produttività. Secondo lo scrittore Patrick Leoncini e il suo Three Signs of a Miserable Job, il punto non è il lavoro in sé ma il modo nel quale viene percepito dalla persona che lo svolge, che sente una mancata autorealizzazione. Un sentimento che nulla avrebbe a che fare con la razionalità. Leoncini parla di tre segnali di insoddisfazione lavorativa:

  • anonimato: quando le persone si sentono ignorate e non riconosciute sul posto di lavoro. Nonostante gli sforzi e l'impegno non c'è un dirigente o qualcuno in grado di apprezzarli. Per questo si sentono invisibili, anonimi, incapaci di amare ciò che fanno;

  • irrilevanza: quando una persona non conosce la vera rilevanza del proprio lavoro. È fondamentale, infatti, che il proprio operato conti per qualcuno. Se, viceversa, si tende a svolgere solo compiti inutili, si attuerebbe anche una sorta di mobbing sul lavoratore;

  • impossibilità di confronto: quando il lavoratore non riesce a fornire una valutazione obiettiva del proprio contributo al progetto comune, anche in base a una sorta di evoluzione del proprio ruolo. Quando il successo del proprio lavoro finisce per dipendere da opinioni soggettive o da capricci di terze persone (benevole o meno), è difficile che ci si possa sentire realizzati.

 

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5 consigli per affrontare l'insoddisfazione lavorativa

Ma come fare per ridurre l'insoddisfazione per il lavoro e rendere le giornate più serene e appaganti? Sta solo a voi la decisione su quale atteggiamento assumere, il cambiamento dipende quasi esclusivamente da questa condizione. Ecco alcuni consigli che vi aiuteranno ad affrontare l'insoddisfazione lavorativa e a reagire nel modo più adeguato.

 

  1. Individuate le cause: fate chiarezza sulle vere motivazioni che scatenano queste brutte sensazioni. Si tratta soltanto di un periodo carico di lavoro eccessivo, un incarico noioso o è qualcosa che tende a protrarsi per lungo tempo? Interrogatevi, fate un processo di autoanalisi per capire appieno quali siano i fattori che creano frustrazione. Siete sommersi dai troppi impegni? Vorreste sentirvi più apprezzati? O non vi sentite in grado di affrontare quel lavoro? Una volta individuate le cause scatenanti, potrete capire in che modo migliorare.
  2. Organizzate un piano d'azione: una volta individuate le ragioni del malessere, affrontatele con realismo e positività. Ricordatevi che tutte i lavori del mondo prevedono mansioni più noiose e appaganti rispetto ad altre; è necessario sì adattarsi, ma costruire anche un dialogo con il proprio supervisore, indicandogli nuove soluzioni che potrebbero migliorare la produttività. In questo modo adotterete uno spirito proattivo e abbraccerete il cambiamento, focalizzandovi non solo su ciò che non va nel lavoro, ma sulle possibili soluzioni da mettere in atto. La consapevolezza sullo stato emotivo vi permetterà di cambiare prospettiva e bilanciare la frustrazione.
  3. Pensate solo al presente: spesso si fissano obiettivi troppo distanti dalla nostra quotidianità, rendendoci ancora meno soddisfatti. Un buon modo per non perdere di vista il proprio io è pensare unicamente al “qui e ora”, vivendo appieno il presente. Le ricerche più recenti dimostrano che solo il 10% dell'appagamento personale dipende da ciò che accade nella vita, il resto dipende da noi: “il soddisfatto è colui che sa gustare la tazzina di caffè fino all'ultima goccia, invece di ingoiarla senza pensarci e sentire subito il bisogno di berne un'altra”, afferma Filippo Ongaro, esperto in benessere e miglioramento delle prestazioni.
  4. Cambiate punto di vista: bisogna sempre trovare una ragione di vita nella propria quotidianità e viverla appieno secondo il principio dell'ikigai, parola giapponese che significa “la ragione per cui ti alzi ogni mattina”. Talvolta bastano poche e semplici azioni per stare meglio: portare a termine un lavoro già iniziato, uscire con gli amici, aiutare una persona cara e via dicendo. Il successo personale e professionale dipende da queste piccole cose, sia che siate impiegati, genitori, top manager, liberi professionisti e così via. Occorre differenziare le credenze dai valori, evitando di inseguire qualcosa che non vi appartiene realmente, allontanandovi maggiormente dalla realtà.
  5. Date il meglio di voi stessi in ciò che fate: sembra banale ma non lo è. Non bisogna ricercare l'appagamento facendo il minimo sforzo, al contrario, impegnarsi costantemente, sia in quello che facciamo al di fuori del lavoro, sia nel lavoro stesso. Questo porta a una soddisfazione reale perché ci fa sentire performanti e appagati, in grado di apprezzare anche i più piccoli gesti. Andate alla ricerca dei bisogni reali, se si tratta di utopie o capricci e, allo stesso tempo, concentratevi sul vostro percorso, cosa tutto avete fatto fino a quel momento, insieme a tutti i traguardi reali raggiunti solo e unicamente da voi stessi. No paragonatevi agli altri ma puntate l'attenzione su ciò che è essenziale e non superfluo. Siate consapevoli delle vostre possibilità e adottate uno stile di vita sano con attività fisica regolare, giuste ore di sonno e alimentazione adeguata.

 

Uno dei segreti per sentirsi soddisfatti della propria vita è avere soprattutto stima di sé stessi e fiducia nelle vostre capacità. E anche se non doveste raggiungere tutti gli obiettivi prefissati, gli sforzi non saranno mai vani perché vi serviranno ad acquisire maggiore consapevolezza per affrontare le prossime sfide della vita.

  

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