Diventa ufficiale lo stop al segreto salariale. Infatti, l’Unione Europea è decisa a mettere la parola fine al divario di genere e quindi ha approvato, a maggio 2025, la direttiva 2023/970 che il nostro Paese dovrà recepire entro e non oltre il 7 giugno 2026. Sarà dunque possibile conoscere lo stipendio dei colleghi che svolgono le stesse mansioni di lavoro. Stando ai dati più recenti sul gap salariale, in media le donna guadagnano il 13% in meno rispetto agli uomini e quindi la direttiva punta ad eliminare queste disparità e a promuovere, all’interno dell’azienda, una maggiore trasparenza. Anche in Italia, quindi, tra non molto un dipendente del settore pubblico o privato potrà conoscere lo stipendio dei propri colleghi.
Cosa prevede la direttiva UE
Come evidenziato dall’articolo 2, la direttiva UE 2023/1970 si applica a tutti i lavoratori che hanno un contratto di lavoro o un rapporto di lavoro quale definito dal diritto, dai contratti collettivi e/o dalle prassi in vigore in ciascuno Stato membro, tenendo in considerazione la giurisprudenza della Corte di giustizia.
La direttiva vuole rafforzare l’applicazione del principio della parità di retribuzione tra uomini e donne per uno stesso lavoro o per un lavoro di pari valore, attraverso la trasparenza retributiva e i relativi meccanismi di applicazione.
Previsti risarcimenti
Un altro aspetto estremamente importante della direttiva europea, riguarda i risarcimenti. Infatti, in caso di discriminazione retributiva basata sul genere, la direttiva stabilisce un risarcimento che comprende il recupero integrale delle retribuzioni arretrate e dei relativi bonus o pagamenti in natura, il risarcimento per le opportunità perse, il danno immateriale, i danni causati da altri fattori pertinenti che possono includere la discriminazione intersezionale, nonché gli interessi di mora.
Come avere informazioni sulle buste paga dei colleghi
I lavoratori possono richiedere e ricevere per iscritto informazioni sul loro livello retributivo individuale e sui livelli retributivi medi, ripartiti per sesso, delle categorie di lavoratori che svolgono lo stesso lavoro o un lavoro di pari valore.
In alternativa, queste informazioni possono essere richiesta anche tramite i propri rappresentanti o un organismo per la parità. Il datore di lavoro è tenuto a dare una risposta entro due mesi dal momento in cui riceve la richiesta. Inoltre, se le informazioni ricevute sono imprecise o incomplete, i lavoratori hanno il diritto di richiedere chiarimenti dettagliata ulteriori e ragionevoli riguardo ai dati forniti e di ricevere una risposta motivata.
Non solo, è bene specificare che in un eventuale contenzioso, dovrà essere il datore di lavoro che deve dimostrare di non aver violato la norma europea.
Obbligo di recepire la direttiva
Gli Stati membri dell’Unione Europea devono obbligatoriamente attuare misure che vietano clausole contrattuali che limitino la facoltà dei lavoratori di rendere note informazioni sulla propria retribuzione.
Inoltre, ai lavoratori non può in alcun modo essere impedito di rendere nota la propria retribuzione e i datori di lavoro possono pretendere che i dipendenti che abbiano ottenuto informazioni diverse da quelle relative alla propria retribuzione o al proprio livello retributivo, non utilizzino tali informazioni per fini diversi dall’esercizio del loro di ritto alla parità di retribuzione.
I dati sul gender pay gap
I dati che riguardano il gender Pay gap sono allarmanti. Secondo la Commissione europea, le lavoratrici donne in UE guadagnano mediamente il 13% in meno rispetto agli uomini che svolgono le stesse mansioni. Il divario, purtroppo, è rimasto pressoché identico negli ultimi dieci anni.
Questo nonostante il principio della parità retributiva che è sancito dal Trattato di Roma e recepito dall’UE. Ecco perché le istituzioni europee stanno lavorano per colmare il divario e la nuova direttiva può certamente essere un punto di partenza importante.