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La guerra dei riders tra contratti, guadagni e tutele inadeguate

MERCOLEDÌ 17 MARZO 2021 | Lascia un commento
Foto La guerra dei riders tra contratti, guadagni e tutele inadeguate
Scritto da Stefania Pili

Alcuni si sentono come i 'nuovi schiavi', altri pensano di essere completamente inesistenti agli occhi delle aziende per le quali lavorano. Il caso dei riders italiani, ormai, è un tema molto discusso nel nostro Paese, specie per l'importanza crescente del loro lavoro dall'inizio della pandemia a oggi, vista la sempre più gettonata richiesta di pranzi e cene a domicilio (e non solo).

Alcuni tra i riders di Deliveroo, ad esempio, una delle piattaforme online intermediarie fra i ristoranti e i clienti, proprio come Glovo o JustEat, denunciano un aumento delle richieste ma, viceversa, una diminuzione del propri compensi a parità di tempo e distanza. Si parla, per esempio, di una consegna che ieri valeva 4,50 euro, mentre oggi vale soltanto 3,77 euro lordi. Proprio per questo i sindacati, in particolare la Cisl, lamentano una mancanza di contratti o tutele adeguate per i riders.

 

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Chi sono i riders?

I riders sono gli addetti alla consegna a domicilio di cibo in bicicletta o in motorino. Lavorano per conto di società di food delivery per l'appunto, come i già citati Deliveroo, Just Eat, Glovo, o semplicemente tramite contatto diretto con ristoranti, pizzerie, fast food e via dicendo. Il lavoro inizia nel momento in cui il rider riceve l'ordine di consegna sullo smartphone o sul dispositivo aziendale dalla sede centrale dell'azienda, o direttamente dal locale. Il rider prende in consegna il cibo, lo sistema nell'apposito zaino termico o box e lo porta al cliente finale nella propria casa o nel proprio ufficio. I riders, generalmente, sono pagati a consegna o all'ora.

Non si conosce con esattezza quanti siano i riders in Italia; il sindacato Cisl parla di 30mila, solo su Roma ben 3mila. Ci si chiede, quindi, come sia possibile che il loro compenso sia sceso così tanto, ma anche perché sia avvenuto senza alcun preavviso. Quasi banale e scontato affermare che questo abbia creato non pochi malumori tra i lavoratori, che già vengono sbalzati da un posto all'altro, faticano ad arrivare a fine mese e che, per di più, si sentono privati delle più semplici tutele.

Deliveroo, dal canto suo, nega qualsiasi addebito e risponde con una nota ufficiale: “è priva di ogni fondamento la notizia secondo cui Deliveroo abbia inviato una mail ai rider per comunicare un presunto abbassamento delle tariffe minime per consegna da 4,50 euro a 3,77 euro lordi o abbia ridotto le tariffe per consegna, i cui minimi sono regolati dal Contratto collettivo nazionale tra AssoDelivery e Ugl, che stabilisce il "minimo per consegna" applicabile. Tale parametro varia in funzione del tempo stimato per il completamento della proposta di consegna eventualmente accettata dal rider. E non è vero che i rider non hanno "nessuna tutela”. Il contratto collettivo applicato da Deliveroo prevede un compenso minimo pari a 10 euro lordi l'ora, parametrati sul tempo stimato per svolgere una consegna. Deliveroo ha introdotto ulteriori condizioni migliorative prevedendo un minimo di 11 euro lordi, e sono previsti anche indennità integrative, tutele e diritti sindacali”.

La Cisl, tuttavia, la pensa in diverso modo, ma vuole cercare un punto d'incontro tra azienda e lavoratore per trovare la soluzione più adatta e vantaggiosa per entrambi.

 

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Lavoro subordinato: sì o no?

In molti riconoscono in ciò che fanno i riders un tipo di lavoro subordinato. Prima non esisteva, e in molti casi, continua a non esistere alcun tipo di tutela: nessuna assicurazione, malattia, riposi nè ferie. Una precarietà devastante, insomma, senza protezioni in materia di sicurezza e tutela della salute, nessuna o scarsa garanzia sul piano previdenziale. Questo tipo di gestione attraverso le piattaforme digitali regolate da algoritmi non fanno altro che aggravare la condizione di assoluta arbitrarietà della prestazione e di completa dipendenza del lavoratore da un datore di lavoro, per di più impersonale e di fatto inesistente anche in termini fisici.

Gli effetti sulla salute fisica e psicologica del lavoratore sono stati raccontati dagli stessi riders e raccolte dai magistrati (come quelli di Milano), che hanno iniziato a indagare sui numerosi risvolti illegali e irregolari della gestione di questo lavoro. La volontà è quindi quella di riconoscere la natura di lavoro dipendente all’attività svolta dai riders e di definire regole contrattuali collettive per questi lavoratori, proprio come qualsiasi altro rapporto di prestazione subordinata.

Di recente, infatti, le quattro piattaforme di food delivery (Glovo-Foodinho, Just Eat, Uber Eats e Deliveroo) finite al centro dell'inchiesta della procura di Milano, hanno già fatto o si preparano fare ricorso contro i verbali amministrativi dell’Ispettorato del lavoro che imponevano la regolarizzazione di 60mila ciclo-fattorini, da lavoratori autonomi a “coordinati continuativi”, con tutte le garanzie dei subordinati. Anche per quanto riguarda le contestazioni sui reati contravvenzionali per violazioni su sicurezza e salute dei rider, indagati dalla Procura, si prevede una battaglia legale: se le aziende, infatti, non pagheranno entro 90 giorni le ammende, pari a 733 milioni di euro, si procederà per vie legali.

L'esempio della Spagna e il 'No Delivery Day'

In Spagna ci sono stati passi davvero importanti su questo fronte: i riders sono stati riconosciuti, per la prima volta in Europa, come lavoratori dipendenti grazie all'accordo raggiunto tra sindacati e piattaforme. Anche la Germania potrebbe presto seguire lo stesso esempio.

E in Italia? Innanzitutto, occorre che ci sia la convinzione che il contratto collettivo di lavoro di riferimento non possa che essere quello dei pubblici esercizi e della ristorazione. L’attività del food delivery si delinea proprio come appartenente alla filiera delle imprese che applicano questo tipo di contratto o, comunque, un’estensione esterna di quelle iniziative economiche realizzate con altri operatori.

Intanto in Italia, ci si prepara per il "No delivery day", lo sciopero dei riders indetto per il prossimo 26 marzo. La protesta, indetta dalla rete "Rider x i Diritti", è volta, per l'appunto, a richiedere l'applicazione di un contratto collettivo nazionale di settore, nello specifico trasporti, logistica o commercio, oltre che, naturalmente, a maggiori tutele e diritti.

 

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