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Niente vaccino, niente lavoro e stipendio? Cosa c'è da sapere finora

VENERDÌ 06 AGOSTO 2021 | Lascia un commento
Foto Niente vaccino, niente lavoro e stipendio? Cosa c'è da sapere finora
Scritto da Stefania Pili

Sospensione e mancata retribuzione: l'orientamento dei tribunali parla chiaro. Per i lavoratori sanitari vige l'obbligo di vaccinazione come stabilito dal Dl 44/2021. Per le altre categorie si va verso la possibilità di allontanare i dipendenti non vaccinati, con contestuale blocco della busta paga, sulla base dell'art 2087 del codice civile. In Francia l'obbligo è ormai legge, mentre in Italia si sta ancora discutendo per istituire una norma specifica.

Insomma, chi non vuole effettuare il vaccino contro il Covid-19 rischia seriamente di rimanere a casa, sospeso dal lavoro e dalla retribuzione. In Italia si è già verificato un caso in cui il tribunale di Roma ha dato ragione a un'azienda che ha deciso di interrompere il rapporto di lavoro con un'impiegata contro la vaccinazione.

Il dibattito, comunque, continua ad andare avanti. Se un lavoratore rifiuta di vaccinarsi contro il Covid-19, il datore di lavoro può sospenderlo dalle sue mansioni e dal suo stipendio. C'è chi sostiene la tutela primaria della salute della collettività e chi invoca la propria libertà costituzionale.

 

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Green pass obbligatorio per il personale scolastico

Tra le ultimissime novità decretate dal governo vi è l'introduzione del Green pass per il personale della scuola. Ma non solo, obbligo di Green pass anche per gli studenti universitari, alla ripresa dell'anno accademico. L'obbligo varrà per i professori universitari, come per tutto il personale scolastico. Potrebbe valere per tutti gli studenti delle superiori che abbiano più di 16 anni.

Inoltre, i tamponi per gli studenti delle scuole secondarie avranno prezzi calmierati; questo per scartare l''ipotesi della gratuità dei test anti-Covid, che avrebbe potuto disincentivare i più giovani a immunizzarsi.

Resta ancora da definire il quadro delle sanzioni per il personale scolastico che non possiede il Green Pass. Di certo, comunque, chi non potrà recarsi al lavoro perché non dotato di certificazione verde sarà considerato assente ingiustificato.

Per quanto riguarda, invece, tutte le altre professioni con contratto, non si ancora nulla di certo. Quello che, però, sembra essere l'orientamento di base, è il ricorso a lasciare i dipendenti che non vogliono vaccinarsi a casa e senza stipendio, una misura che si rende necessaria quando non ci sono altre mansioni a cui destinare un lavoratore che non vuole vaccinarsi e che, non risultando dalla visita medica aziendale «idoneo a stare a contatto con la clientela», deve per forza rimanere a casa. Logicamente, non prestando alcuna attività lavorativa, non ha diritto allo stipendio.

Tra gli ultimi casi presi in considerazione, una recente ordinanza emessa dal Tribunale di Modena su un ricorso presentato da due fisioterapiste di una Rsa, assunte da una cooperativa, che erano state sospese dal posto di lavoro perché non vaccinate contro il Coronavirus. Secondo il giudice, il datore aveva il diritto di sospendere entrambe le lavoratrici. Questo, ancor prima dell’approvazione del decreto che, lo scorso maggio, ha imposto l’obbligo di vaccinazione per i lavoratori sanitari (art 4 Dl 44/2021). L’ordinanza di Modena evidenzia che il datore di lavoro si pone come “garante della salute e della sicurezza dei dipendenti e dei terzi che per diverse ragioni si trovano all'interno dei locali aziendali”

Di conseguenza, ai sensi dell'articolo 2087 del codice civile: “L’imprenditore è tenuto ad adottare nell’esercizio dell’impresa le misure che, secondo la particolarità del lavoro, l’esperienza e la tecnica, sono necessarie a tutelare l’integrità fisica e la personalità morale dei prestatori di lavoro". Il Tribunale ha poi aggiunto che una direttiva dell'Unione Europea ha incluso il Covid-19 tra gli agenti biologici per cui è obbligatoria la protezione anche negli ambienti di lavoro.

L'ordinanza mette in risalto ciò di cui abbiamo parlato precedentemente: anche se il rifiuto a vaccinarsi non può dar luogo a sanzioni disciplinari, può comunque comportare conseguenze sul piano della valutazione oggettiva dell'idoneità alla mansione (chi lavora a contatto con il pubblico o in spazi chiusi vicino ad altri colleghi può essere sospeso senza retribuzione).

 

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Una questione delicata ma necessaria

Il tema risulta molto spinoso per il datore di lavoro, per i sindacati, per la tutela della privacy dei dipendenti e per la responsabilità delle aziende nel garantire le condizioni di sicurezza nei luoghi di lavoro.

La preoccupazione nasce da alcuni importanti dati: è nella fascia di età tra i 40 e i 49 anni che vi è la maggior parte dei lavoratori attivi, ma solo il 57,61% ha concluso il ciclo vaccinale anti-Covid con due dosi o con la monodose di Johnson&Johnson (64% ha almeno una dose). Secondo i medici, inoltre, in questa fascia d'età ci sono maggiori resistenze o perplessità sulla vaccinazione. Tra i 50 e i 59 anni ha concluso il ciclo vaccinale il 69,85% degli interessati, tra i 60-69 il 77,94%.

I dati dei vaccini con quelli dell'occupazione fanno sorgere alcune preoccupazioni, sia per la fascia 35-49 anni (8,8 milioni di occupati) che per quella successiva dei 50-64 anni (8,1 milioni di occupati). Anche sopra i 64 anni ci sono 682mila occupati. E nella fascia dei sessantenni, tra le più esposte alle conseguenze del virus in caso di contagio, il 22% non è ancora vaccinato. Risulta quindi complicato comparare questi dati con quelli della vaccinazione per sapere quanti occupati sono già protetti e quanti no (impossibile fare un censimento diretto in uffici e aziende per non violare la privacy). Il risultato ipotetico è che potrebbero mancare 2 milioni di lavoratori da indennizzare.

 

Staremo a vedere cosa succederà nei prossimi giorni e nelle prossime settimane. Il rientro negli uffici e nelle scuole si avvicina e urge definire delle regole precise per tutti.

 

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