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Coronavirus e smart working in Italia: cosa sta accadendo?

MARTEDÌ 25 FEBBRAIO 2020 | Lascia un commento
Foto Coronavirus e smart working in Italia: cosa sta accadendo?
Scritto da Stefania Pili

Lavorare in Italia con la modalità dello smart working: oggi più che mai, a causa del Coronavirus, il lavoro agile sembra essere tra le soluzioni più concrete per diminuire le possibilità di contagio all'interno delle aziende. L'emergenza sanitaria che sta colpendo il mondo e soprattutto (e inaspettatamente) il territorio italiano, ha fatto sì che il Governo intervenisse con delle precauzioni importanti per la salute dei lavoratori. Nello specifico, con il Dpcm del 23 febbraio 2020, si rende più immediato il ricorso allo smart working nelle aree considerate a rischio per l'emergenza Coronavirus, al fine di favorire il normale svolgimento delle attività lavorative. Con questo Decreto, infatti, si consente in via straordinaria l'attivazione del lavoro agile anche in assenza dell'accordo individuale; nello specifico nella procedura telematica, l'accordo individuale è sostituito da un'autocertificazione in cui si attesta che il lavoro agile si riferisce a un soggetto che vive e lavora in una delle aree a rischio.

 

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Ma cosa è lo smart working, o lavoro agile? Si tratta di una modalità di esecuzione del rapporto di lavoro subordinato, entrato nel nostro ordinamento con la Legge 81 del 2017, la cosiddetta “Legge del Conte”. A differenza del telelavoro, lo smart working consente al lavoratore di operare da remoto grazie all'utilizzo di strumenti tecnologici per svolgere il proprio lavoro. Secondo le regole, per consentire il corretto svolgimento dello smart working, occorre un accordo lavoratore-azienda secondo la legge 81/2017, che indichi con precisione i tempi e i modi di utilizzo degli strumento che permettono di lavorare da remoto, quindi pc portatili, tablet e smartphone. Attraverso questa modalità lavorativa, si garantisce al lavoratore parità di trattamento economico e normativo rispetto ai colleghi che lavorano con la modalità classica in azienda. Oltre a ciò, si garantisce ovviamente la tutela in caso di infortuni e malattie professionali.

La situazione in Italia si fa sempre più grave e le imprese, probabilmente, non sono pronte a un cambio così repentino. Alcune tra le più grandi multinazionali come Unicredit e Generali si sono già organizzate al meglio, ma è chiaro che aziende minori si trovano in profonda difficoltà, con un conseguente e probabile calo della produttività, cosa che non lo smart working non avviene, anzi: grazie a esso, si può salire anche del 15-20% poiché si lavora per obiettivi. L'Italia, quindi, per forza di cose si accoda alla Cina, dove da settimane si sta sperimentando lo smart working a causa della quarantena obbligatoria stabilita per tutti dal Governo. Anche le scuole hanno seguito lo stesso esempio, dalle elementari al liceo fino al'Università, cosa che in Italia appare purtroppo impossibile, fatta eccezione per i corsi con modalità a distanza o smart learning.

Tornando al lavoro agile, Arianna Visentini, presidente di Variazioni srl (società che da anni di occupa di smart working e politiche di conciliazione), afferma: “È importante innanzitutto disporre di dotazioni di base, ma ormai esistono molte piattaforme che permettono di elaborare, condividere e firmare documenti. Però non è solo un problema di tecnologie: quelle ormai le abbiamo, ma il problema spesso è che non ci fidiamo del nostro collega e del nostro team. Ci sono condizioni che abilitano e sdoganano il lavoro agile, e questa è una di quelle. L'auspicio è che però non si continui ad associare lo smart working a un evento eccezionale: oltre al Coronavirus, bisogna anche debellare un virus che è la nostra incapacità di lavorare in maniera efficiente, superando il pensiero che solo la presenza in ufficio sia garanzia di risultato".

Consulta anche: “smart working e salvaguardia dell'ambiente: il lavoro agile può aiutare l'ecosostenibilità?

 

Un'altra misura conseguente ai provvedimenti di urgenza è la cassa integrazione ordinaria. La ministra del Lavoro Catalfo a tal proposito afferma: “Trattandosi di un evento imprevedibile, qual è questo, non c’è bisogno di una norma ad hoc. La Cigo è infatti un primo ma tempestivo intervento che possiamo mettere in campo». La Cigo è utile infatti per le emergenze temporanee e integra o sostituisce la retribuzione dei lavoratori ai quali è stata sospesa o ridotta l'attività lavorativa per situazioni aziendali dovute a eventi transitori e non imputabili all'impresa o ai dipendenti, incluse le intemperie stagionali e situazioni temporanee. Dopo la riforma del 2015, per ciascuna unità produttiva, il trattamento ordinario e quello straordinario non possono superare la durata complessiva di 24 mesi in un quinquennio mobile.

L'emergenza Coronavirus sta mettendo in ginocchio l'economia mondiale, ma rappresenta anche una sfida per il mondo del lavoro che si ritrova costretto a rivalutare la propria organizzazione. Potrebbe rappresentare anche una grande opportunità per iniziare ad adottare lo smart working come un'alternativa valida ed efficace per aumentare la produttività e migliorare la vita personale dei dipendenti, oltre che diminuire le emissioni di Co2 date dal traffico cittadino, rispettando maggiormente l'ambiente.

 

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