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Entro 10 anni alcuni lavori potrebbero essere sostituiti dall’intelligenza artificiale. Ecco quali sono

MARTEDÌ 13 MAGGIO 2025 | Lascia un commento
Foto Entro 10 anni alcuni lavori potrebbero essere sostituiti dall’intelligenza artificiale. Ecco quali sono
Scritto da Marco Fior

L’intelligenza artificiale rappresenta un’evoluzione straordinaria, in grado di semplificare la vita delle persone e migliorare la produttività. Ma è innegabile che ci siano anche delle insidie legate al lavoro, soprattutto per alcune professioni che potrebbero sparire nel giro di pochi anni. Questo aspetto è stato confermato dal Focus Censis Confcooperative che ha sottolineato che, entro i prossimi 10 anni, 15 milioni di lavoratori in Italia saranno esposti all’impatto dell’intelligenza artificiale. Di questi, circa 6 milioni potrebbero essere sostituiti, mentre gli altri dovranno integrare l’intelligenza artificiale all’interno delle proprie mansioni.

 

 

I lavori maggiormente a rischio

Lo studio condotto da Focus Censis Confcooperative, dal titolo “Intelligenza artificiale e persone: chi servirà a chi?”, mette in evidenza il forte impatto che l’intelligenza artificiale ha sul mercato del lavoro e i rischi per un numero elevato di lavoratori.

Se è vero che in molti casi sarà necessario semplicemente migliorare le proprie competenze digitali, in maniera tale da poterle integrare con l’intelligenza artificiale, in altri si corre il rischio di andare incontro a una vera e propria sostituzione.

Secondo lo studio, nei prossimi dieci anni i lavoratori più a rischio sono quelli che svolgono mansioni intellettuali e che sono totalmente automatizzabili proprio con l’intelligenza artificiale. Nel dettaglio, parliamo di:

  • Contabili
  • Matematici
  • Tecnici statistici
  • Tecnici della gestione finanziaria
  • Economi e tesorieri
  • Esperti in calligrafia
  • Periti, valutatori di rischio e liquidatori
  • Tecnici del lavoro bancario
  • Specialisti della gestione e del controllo delle imprese private e pubbliche

Chi dovrà migliorare le proprie competenze

Come detto, su 15 milioni di lavoratori a rischio nel nostro Paese entro i prossimi dieci anni, 6 milioni potrebbero essere sostituiti dall’IA, mentre 9 milioni dovranno aumentare le proprie competenze in materia digitale, in modo tale da sviluppare un modello complementare tra persone e macchine.

Anche su questo aspetto, lo studio ha individuato le figure che devono migliorare le proprie competenze, ovvero:

  • Direttori e dirigenti della finanza e amministrazione
  • Direttori e dirigenti dell’organizzazione, gestione delle risorse umane e delle relazioni industriali
  • Notai
  • Avvocati
  • Magistrati
  • Specialisti in sistemi economici
  • Psicologi e psicoterapeuti
  • Archeologi 
  • Specialisti in discipline religiose 

 

Donne e laureati sono più a rischio

I dati elaborati dal Censis mettono in evidenza un altro aspetto estremamente delicato. Infatti, i lavoratori maggiormente a rischio di sostituzione, o comunque di complementarietà, sono quelli che hanno un livello di istruzione di alto profilo.

In particolare, i lavoratori che vengono considerati oggi a basso rischio, che rappresentano il 64% del totale, non arrivano al grado superiore di istruzioni e solamente il 3% di loro ha una laurea.

Mentre le professioni che rischiano di più, hanno un titolo studio superiore e il 33% è addirittura laureato. Quelli che dovranno tenere conto della complementarietà dell’IA nel proprio lavoro, hanno nel 59% dei casi una laurea, mentre solo il 29% ha un diploma di scuola superiore.

In questo scenario, tra l’altro, tenderà ad aumentare ulteriormente il gender gap nel nostro Paese. Infatti, secondo i dati, il 57% dei lavoratori a rischio sono di sesso femminile.

L’intelligenza artificiale è anche un’opportunità

Sebbene tutti i dati di cui abbiamo parlato siano particolarmente allarmanti, il Censis ha anche sottolineato come l’utilizzo dell’intelligenza artificiale all’interno dei processi produttivi non è solo un fenomeno che può mettere a rischio milioni di lavoratori, ma è anche l’opportunità per migliorare la produttività accrescendo le competenze.

A conferma di questa tesi, ricordiamo che le stime parlando di benefici economici molto importanti. In 10 anni, infatti, la produttività nazionale potrebbe far aumentare il Pil di 38 miliardi, ovvero dell’1,8%.



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