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Il lavoro intellettuale stanca e affatica il cervello al pari di quello manuale

MERCOLEDÌ 17 AGOSTO 2022 | Lascia un commento
Foto Il lavoro intellettuale stanca e affatica il cervello al pari di quello manuale
Scritto da Stefania Pili
Quando la mente è affaticata si possono compiere scelte impulsive per cercare una gratificazione immediata, ma questo può anche provocare un accumulo di sostanze nocive nella regione prefrontale del cervello.

 

Il lavoro intellettuale stanca e affatica il cervello al pari di quello manuale. Ebbene, un intenso sforzo cognitivo provocherebbe un accumulo di sostanze nocive. La fatica sarebbe quindi un avvertimento per preservare l'integrità della funzionalità completa del cervello. Questo secondo una recente ricerca dell'Università Pitiè-Salpetrière di Parigi.

 

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Sforzo cognitivo = fatica fisica

Il lavoro intellettuale stanca quanto lavorare manualmente. A confermarlo lo studio di alcuni neurologi francesi dell’Institut du Cerveau di Parigi, guidati da Mathias Pessiglione e Antonius Wiehler. I ricercatori, chiedendosi perché pensare intensamente porti a sentirsi esausti, hanno deciso di osservare gli effetti di una dura giornata di ragionamenti e cognitivamente stancanti: prima hanno costretto un gruppo di volontari a risolvere dei complicati quiz di enigmistica dalla mattina alla sera, in seguito hanno esaminato la loro testa attraverso la spettroscopia di risonanza magnetica (MRS). Hanno osservato un gruppo che svolgeva attività più rilassanti.

I risultati, pubblicati sulla rivista scientifica Curren Biology, hanno dimostrato che solo il gruppo mentalmente provato con un lavoro cognitivo prolungato ha avuto effetti come la dilatazione della pupilla ridotta e l’accumulo di sostanze potenzialmente tossiche (livelli più elevati di glutammato nelle sinapsi) in una specifica area del cervello, ovvero nella corteccia prefrontale. La conseguenza è un’alterazione nel controllo sulle decisioni, con il livello di attenzione che viene trasferita automaticamente su questioni poco importanti o che non richiedono grossi sforzi mentali.

Lo sforzo cognitivo prolungato, quindi, provoca una determinata fatica fisica, anche se ad esempio si rimane seduti tutto il giorno alla scrivania, al pari di chi corre tutto il giorno. La motivazione, perciò, è puramente organica, quindi non mentale o psicologica.

 

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Evitare decisioni importanti

Il glutammato, che di solito svolge la funzione di neurotrasmettitore, dopo uno sforzo prolungato si accumula tra i neuroni, ostacolando il loro funzionamento. Ed è proprio l'accumulo di questa sostanza il responsabile del senso di affaticamento, rendendo il controllo cognitivo più difficile dopo una dura giornata di lavoro dal punto di vista mentale: il cervello, infatti, risulta essere più lento, commettendo maggiori errori, dato che la corteccia prefrontale laterale regola le nostre decisioni.

Di conseguenza, quando il cervello è stanco, le decisioni diventano più impulsive e meno ragionate, ad esempio con un acquisto inappropriato o mangiando un alimento “vietato”. Per questo motivo, in questa condizione, sarebbe meglio evitare decisioni importanti. L'affaticamento cognitivo colpisce anche gli sportivi che sono alle prese con le discipline di resistenza, in cui l’impegno mentale è fondamentale. Il cervello, proprio come un muscolo, infatti, può essere allenato per resistere più a lungo senza esaurire le sue performance: uno scacchista, ad esempio, può giocare 4-5 ore ad alta intensità prima di iniziare a commettere errori dovuti alla stanchezza.

Il segreto per eliminare queste sostanze nocive nel cervello? Un po' di sano riposo. Nel momento in cui si raggiunge il proprio obiettivo, ci si può concedere una meritata tregua. Ed è proprio questa la chiave per eliminare il glutammato in eccesso: c'è bisogno di sonno, ma anche di svago e di altre attività riposanti per il cervello, come la meditazione.

 

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