Registrati ed unisciti ai tantissimi lavoratori che stanno già ricevendo contatti dalle aziende
REGISTRATI
Blog e News

L’Inghilterra scopre i vantaggi della settimana corta. Intesa San Paolo ci prova in Italia, in Belgio è legge

MARTEDÌ 04 APRILE 2023 | Lascia un commento
Foto L’Inghilterra scopre i vantaggi della settimana corta. Intesa San Paolo ci prova in Italia, in Belgio è legge
Scritto da Gabriel Bertinetto

Quando si parla di orari di lavoro ridotti oppure distribuiti nel tempo in maniera diversa rispetto agli schemi consueti, scatta spesso, quasi come un riflesso condizionato, l’obiezione che ciò comporti un peso eccessivo per le imprese e la produttività debba necessariamente risentirne. L’esito di una grande sperimentazione appena svolta in Gran Bretagna sembra fugare almeno in parte questo tipo di timori. Sessantuno aziende hanno accorciato da 5 a 4 i giorni di lavoro dei loro dipendenti, ed allungato a 9 ore il loro impegno quotidiano così da mantenere inalterato il volume orario globale. Alla fine è risultato che la produttività è cresciuta (di poco nel 34% dei casi, di molto nel 15%) o si è mantenuta stabile (nel 46%). Irrisoria la percentuale delle ditte che hanno registrato un calo.

Nel secondo semestre del 2022, mentre il progetto pilota inglese era in pieno svolgimento, in Italia Intesa San Paolo ideava la grande riorganizzazione che è poi diventata operativa nell’anno in corso, offrendo ai propri dipendenti la possibilità (non l’obbligo) di prestare servizio 4 giorni a settimana. Restano inalterati sia il numero complessivo di ore lavorate sia la retribuzione. 

Così facendo, Intesa si inserisce in un solco già tracciato nel nostro Paese da altri soggetti economici. L’elenco comprende fra gli altri Awin Italia, che si occupa di marketing digitale, e la filiale locale della multinazionale Mondelez, attiva nel campo dell’industria alimentare (Toblerone, Osella, Milka, Philadelphia, etc.). Mentre Awin applica la settimana di 4 giorni, Mondelez ha scelto per gli impiegati della sede milanese una via di mezzo fra la settimana corta e la tradizionale settimana di 5 giorni: 4 e mezzo. A Cologno Monzese la Tria Sea, che fornisce macchinari per il riciclo della plastica, ha dimagrito l’orario settimanale da 40 a 36 ore senza che ciò intaccasse le remunerazioni. Lo stesso fa la bolognese Toyota Material Handling, una ditta che cura la manutenzione e commercializzazione di carrelli elevatori, ed ha ben 700 dipendenti.

 Insomma, non esiste un’unica via alla riduzione dei tempi di lavoro. Non solo, spesso la contrazione delle giornate lavorative è compensata da un più esteso impegno quotidiano. Comune a ogni diversa modulazione è la conservazione dei livelli salariali. Inoltre l’intervento sui tempi rientra normalmente in un quadro riorganizzativo più ampio, che persegue l’obiettivo di una flessibilità tale da soddisfare sì le esigenze dei dipendenti ma avvantaggiare anche gli imprenditori. Nel caso di Intesa San Paolo ad esempio è previsto lo smart working per 120 giorni all’anno, che il dipendente può scaglionare a suo piacimento nell’arco dei dodici mesi.

Benché nel caso specifico riguardante il grande gruppo bancario italiano i sindacati non abbiano accolto la novità con favore, in generale la settimana corta è ben vista dalle organizzazioni che rappresentano i lavoratori. “E’ ora di regolare il lavoro soprattutto nel settore manifatturiero in modo più sostenibile, libero e produttivo”, ha dichiarato Roberto Benaglia, segretario della Fim-Cisl. Ed al recente congresso della Cgil il segretario Maurizio Landini ha auspicato che il tema della settimana corta sia inserito nei contratti nazionali di categoria. 

Più scettici gli imprenditori. Secondo il presidente di Confindustria Carlo Bonomi, “l’idea di una settimana corta deve tenere conto della produttività. Non possono essere slegate l’una dall’altra”. Evidentemente per una buona parte degli industriali le lusinghiere performance raggiunte sinora con la settimana di quattro giorni potrebbero essere casi isolati ottenuti in particolari situazioni. Prima di dare il loro assenso ad un utilizzo generalizzato preferiscono avere ulteriori assicurazioni. 

Non così la pensano i titolari delle aziende coinvolte nel progetto pilota inglese. Ben 56 su 61 hanno deciso di continuare la sperimentazione, e 18 hanno già aderito in modo definitivo al nuovo corso. L’impressione diffusa è che gli effetti positivi sulla produttività, di cui riportavamo i dati più sopra, siano direttamente collegati ai benefici che i 2900 individui coinvolti sostengono di avere conseguito. 

Ecco cosa hanno infatti documentato i ricercatori del Centro Studi “Autonomy”, dell’Università inglese di Cambridge e del Boston College americano, che hanno seguito l’esperienza durante tutti i sei mesi del suo svolgimento. Per il 39% è diminuito lo stress da lavoro. Il 54% sostiene di avere trovato un migliore punto di equilibrio rispetto alle attività domestiche, e il 60% afferma che è migliorata la sua vita sociale. Il 15% dei lavoratori non baratterebbe la settimana di 4 giorni con un ritorno alle condizioni precedenti nemmeno se gli dessero un aumento salariale! E mentre la produttività, quando non aumenta, rimane stabile, le aziende possono vantare altri vantaggi, come la richiesta di permessi per malattia scemata del 57%. 

Interessante è notare come le aziende partecipanti al progetto inglese operino nei campi più diversi: dalla finanza al marketing al fast-food.  

Per frenare eventuali eccessivi entusiasmi bisogna aggiungere però che ovunque nel mondo sia stata adottata la settimana di 4 giorni, la dimensione delle aziende coinvolte è il più delle volte abbastanza limitata. Con alcune notevoli eccezioni peraltro, come Microsoft Giappone, che ha più di duemila dipendenti, ed ha conseguito risultati eccellenti: produttività salita del 40%, consumi di energia elettrica calati del 23%.

Intanto in Belgio la settimana corta è stata introdotta per legge. Le 38 ore lavorative vengono distribuite su 4 anziché su 5 giorni, e le retribuzioni non cambiano. Dopo sei mesi di prova gli interessati possono però chiedere il ritorno al vecchio regime. Qualcosa di simile sta avvenendo in Spagna, mentre in Islanda lavorare 4 giorni a settimana è già da qualche anno la regola per quasi nove decimi della popolazione.



LinkedIn
Whatsapp
LASCIA UN COMMENTO
Acconsento al trattamento dei miei dati personali in conformità alle vigenti norme sulla privacy. Dichiaro di aver letto e accettato l'informativa sulla privacy
INVIA COMMENTO