Quante volte ti sei sentito in colpa per aver ottenuto un lavoro, nonostante fosse più che meritato? Ci sono stati episodi nel corso della tua vita professionale nei quali non ti sei sentito all'altezza della situazione? O che (secondo te) abbia ricevuto dei riconoscimenti solo ed esclusivamente per una questione di fortuna? Se ti ritrovi più o meno in questa descrizione, allora potresti essere “affetto” della cosiddetta sindrome dell'impostore.
Cosa è la sindrome dell'impostore? Si tratta di un concetto coniato nel 1979 dalle psicologhe Pauline Clance e Suzanne Imes, che hanno condotto varie ricerche su donne di successo che avevano l'abitudine di sminuirsi, a non ritenersi abbastanza intelligenti, e a pensare che gli altri sopravvalutassero le loro capacità. La paura, quindi, di essere considerati degli “impostori” e di essere scoperti come tali. In generale, si tratta di pensieri negativi, di convinzioni che portano a considerarti immeritevole dei tuoi successi, che si tratti solo di fortuna, a credere di non essere abbastanza intelligente o, comunque, di non possedere il talento necessario per andare avanti nella normale vita professionale La sindrome si può manifestare anche con l'inadeguatezza generale di essere nel posto sbagliato al momento sbagliato e, per questo, e per tutte le altre motivazioni precedenti, ad avere la conseguente paura di essere prima o poi scoperto.
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Da cosa può derivare questa sorta di senso di colpa costante? Molto probabilmente per una forte insicurezza, per la paura di fallire e del successo in generale, una sorta di sgambetto e auto-sabotaggio.
Quando si presenta maggiormente la sindrome dell'impostore? Può svilupparsi in situazioni che hanno a che fare con l'assunzione di una nuova responsabilità o l'inizio di un nuovo lavoro. E quando le emozioni e i sentimenti sono un po' fuori controllo, la sensazione di non essere adeguati può veramente ingigantirsi, e sentendosi di conseguenza ancora più impostore, non mettendoci la grinta e l'ambizione necessaria.
Secondo Holly Hutchins, dell'Università di Houston, chi presenta queste problematiche, sente continuamente dei pensieri di “falsità intellettuale”, ovvero, l'incapacità di riconoscere e “interiorizzare i propri successi professionali”. Questo significa, più semplicemente, sentirsi dei bugiardi nell'esporre agli altri le proprie competenze e abilità professionali. A questi pensieri va poi aggiunta una sensazione d'ansia che, come spiega Rebecca Badawy, della Youngstown State University, è uno degli “elementi chiave della sindrome: la paura costante di essere scoperti”.
E per assurdo, chi soffre di questa sindrome, è proprio chi meno doverebbe dubitare si sé stesso. Parte della sindrome ha infatti origine da un senso di umiltà nei confronti delle proprie capacità, un atteggiamento che, per certi versi, potrebbe anche spingere verso un miglioramento; se, viceversa, questo atteggiamento diviene un ostacolo, si trasformerà per forza di cose in una perenne insicurezza, una trappola. Un fenomeno psicologico che fa crollare chi ha anche uno spiccato senso del dovere e non riesce a essere all'altezza delle aspettative degli altri, e ha il terrore di essere giudicato.
Come riconoscere la sindrome dell'impostore? Ecco un elenco delle caratteristiche più comuni:
Sentimento di inadeguatezza e insicurezza;
Preoccupazione riguardo i pensieri e le aspettative degli altri;
Pensare ai propri errori e non ai risultati ottenuti;
Ritenere che il proprio talento non sia tale o sia irrilevante;
Cercare di essere perfezionista;
Credere che il proprio lavoro sia talmente facile che chiunque possa farlo;
Pensare che ciò che si fa non sia mai abbastanza.
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Presi singolarmente, questi pensieri negativi non solo influiscono nel singolo lavoratore, ma anche nell'intero team e nell'azienda in generale. Ecco alcune caratteristiche che si riscontrano spesso nel professionista all'interno di una squadra:
Essere a disagio se qualcuno gli fa complimenti;
Manifestare bassa autostima generale;
Confronto ridotto con gli altri membri del team;
Attribuire il buon lavoro svolto alla fortuna;
Esprimere paura relativa alla propria incompetenza;
Avere il timore dei cambiamenti di ruolo.
Tutti questi sintomi, specialmente nei millennials di oggi, possono essere ricondotti anche al confronto con gli altri sui social media, dalla continua visione della vita “migliore” degli altri, dai loro avanzamenti di carriera e dai loro nuovi lavori. Non solo, anche la rapidissima innovazione tecnologica ha le sue colpe, così come l'alta competitività e la conseguente paura di non avere l'esperienza sufficiente per fare un buon lavoro. Tra crisi economica, lavoro instabile e precarietà generale, ci siamo abituati a non avere un equilibrio e a vivere costantemente in un limbo.
Ecco alcuni consigli su come sconfiggere o, comunque, limitare la sindrome dell'impostore in ambito lavorativo:
Preoccuparsi del lavoro solo ed esclusivamente nei momenti opportuni, farsi delle domande precise su quanto sia complicato il problema da risolvere;
Accettare la realtà presente e non opporsi al cambiamento, cercando di gestire l'incertezza e l'ansia che ne deriva;
Chiedersi qual è la vera minaccia che ci rende inadeguati e ansiosi, e da cosa ha origine, per poterla combattere e viverla in un'ottica differente;
Concentrarsi sugli elementi positivi del proprio lavoro, ridimensionando la paura delle critiche e del fallimento e pensando di più ai successi ottenuti o da ottenere;
Pensare al momento presente, stabilire delle priorità, anche nella vita privata, praticando sport, hobby e attività che possano placare l'ansia come lo yoga e la meditazione.
Ovviamente, questi suggerimenti possono essere applicati anche nella ricerca di un lavoro, soprattutto durante un colloquio di lavoro, dove l'insicurezza e la paura di non essere all'altezza sono sempre dietro l'angolo. Cerca di credere più in te stesso lavorando sodo su quest'aspetto e coltivando pian piano la consapevolezza di valere di più e di non essere inferiore a nessuno, senza perdere la motivazione a migliorare, giorno dopo giorno.
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