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Smart Working: un’assicurazione per il futuro

VENERDÌ 11 SETTEMBRE 2020 | Lascia un commento
Foto Smart Working: un’assicurazione per il futuro
Scritto da Gabriel Bertinetto

Parla Arianna Visentini, imprenditrice e consulente aziendale

Erano mezzo milione prima del lockdown provocato dall’emergenza sanitaria. Ora secondo alcune stime sono otto o dieci volte di più. Sono gli uomini e donne che praticano il cosiddetto Smart Working, o Lavoro Agile. Di questo fenomeno parliamo con Arianna Visentini, co-fondatrice e presidente di “Variazioni”, società di consulenze aziendali con sede a Mantova, co-autrice del libro edito da Franco Angeli nel 2019 “Smart Working: mai più senza. Guida pratica per vincere la sfida di un nuovo modo di lavorare”.

 

Dottoressa Visentini, l’emergenza sanitaria ha enormemente incentivato il ricorso al lavoro da casa, che è una particolare modalità del cosiddetto Smart Working. Secondo alcuni sondaggi, compreso quello effettuato dalla sua società, “Variazioni”, gli interessati nel complesso sembrano avere accolto bene la novità. Può fornirci qualche dato e ragionarci sopra?

Volevamo capire quale fosse la percezione del livello di benessere prodotto dal lavoro da casa, fra coloro che lo hanno sperimentato durante l’emergenza Covid. Faccio due premesse. L’inchiesta si è protratta nel tempo, a partire da marzo quando è iniziato il “lockdown” sino a giugno quando ne stavamo uscendo. Inoltre ci siamo rivolti a lavoratori di aziende strutturate, solo una parte delle quali però erano già precedentemente attrezzate per applicare modalità di Lavoro Agile. A un campione di quindicimila individui abbiamo chiesto di valutare la propria esperienza scegliendo fra 4 opzioni: “Molto bene senza difficoltà”, “Bene ma difficile da gestire”, “Mi manca l’ufficio”, “Soffro l’isolamento”. Ebbene le prime due risposte, quelle indicanti un atteggiamento positivo, hanno avuto rispettivamente il 43% e il 40% di adesioni, mentre il 13% ha dichiarato di patire la privazione del luogo di lavoro abituale, e il 4% ha lamentato in particolare il fatto di lavorare in solitudine.

 

Differenze di giudizio fra maschi e femmine?

Sì, ma non significative. Se fra coloro che hanno accolto “molto bene” la novità prevalgono di poco gli uomini (45% rispetto al 41% delle donne), i rapporti si ribaltano nelle altre risposte, con una leggera prevalenza femminile. Più interessante la diversità di reazioni in base all’età. Fra le persone di età compresa tra 36 e 55 anni è grande la fetta di coloro che danno giudizio positivo ma sottolineano anche le difficoltà. Al contrario sia fra i giovani sia fra gli over-55, prevalgono coloro che hanno vissuto lo Smart Working “molto bene e senza difficoltà”: rispettivamente il 48% e il 52%. Evidentemente gli individui che possiamo definire in età genitoriale o alle prese con esigenze di cura, cioè le fasce d’età intermedie, riescono sì a dare un senso al lavoro da casa ma al contempo ne rilevano gli aspetti problematici. Coloro che invece in linea di massima, o perché più giovani o perché più anziani, sono in generale esenti da quel tipo di responsabilità, reagiscono in maniera maggiormente favorevole. Attenzione però a questo dato. Fra i giovanissimi (meno di 26 anni) non sono numerosi solo coloro che vivono molto bene il lavoro agile, ma anche coloro che, all’estremo opposto della scala di giudizio, soffrono la mancanza dell’ufficio, il 20%, cioè molto di più rispetto agli adulti di età compresa fra 36 e 45 e fra 46 e 55 anni (11%  e 13%).

 

Come spiega questa ambivalenza nell’atteggiamento giovanile?

E’ un fenomeno che non solo noi di Variazioni notavamo già prima del lockdown. Fra i giovani un requisito essenziale nella valutazione del futuro lavoro è la flessibilità d’orario, che è una componente importante del Lavoro Agile. Questo emerge come una costante dai colloqui d’assunzione. Al contempo però essi ritengono importante anche la partecipazione alla vita aziendale. Sia dalle nostre statistiche sia dalle estrazioni che abbiamo potuto fare dai documenti gestionali delle aziende, risulta che i giovani sono coloro che utilizzano di meno le giornate di lavoro agile. In parte questo dipende da quello che dicevamo prima, cioè il naturale bisogno di rapporti diretti più assidui con i colleghi da parte di soggetti che attraversano la fase iniziale di inserimento e di formazione professionale. In parte però non è escluso che il minore ricorso allo Smart Working sia frutto di una resistenza da parte dei dirigenti per una mancanza di fiducia verso le nuove leve.

 

La pandemia ha favorito il ricorso allo Smart Working. Ma uno studio del Politecnico di Milano rivela che già nel 2019 gli esperimenti di Lavoro Agile erano stati il 20% più numerosi che nell’anno precedente. Risulta anche a voi quindi che si tratti di una tendenza in atto?

Certamente, e secondo varie dinamiche. Aumenta il numero delle aziende che lo provano. Ciò dipende dalla diffusione cognitiva degli esempi di Smart Working realizzati in altre realtà imprenditoriali, magari favorita dalla mobilità di manager o collaboratori che traghettano la loro esperienza da un’azienda all’altra. Sale inoltre il numero di persone che all’interno di un’azienda in cui si pratica il Lavoro Agile, decidono di aderirvi. Cresce anche sia il numero dei giorni “smart-workabili”, cioè quelli che in base alle policies aziendali possono essere utilizzati in quel modo, sia dei giorni che effettivamente lo sono. Non dimentichiamoci che il Lavoro Agile è un istituto volontario e funziona solo se sia l’azienda sia il lavoratore ne traggono giovamento.

 

Parliamo dei vantaggi. Quali sono, cominciando dai lavoratori?  

C’è un importante aspetto economico. Si riducono le spese di trasporto. Se normalmente usavi la tua macchina, ora risparmierai sul carburante e l’usura del veicolo. Pagherai meno per accudire i figli, dal pre-scuola al babysitter. Potrai fare sport all’aperto anziché essere costretto ad andare in palestra perché l’orario di lavoro non ti consente di tornare a casa nelle ore di luce. A questi vantaggi misurabili quantitativamente si aggiunge la percezione di una migliore qualità della vita per la facoltà di disporre più liberamente del proprio tempo. 

 

Veniamo ai vantaggi per l’azienda. 

Per anni noi di Variazioni e altri abbiamo sponsorizzato il Lavoro Agile cercando di farne cogliere i lati benefici superando timori e titubanze. Abbiamo evidenziato i risparmi che derivano all’azienda da una razionalizzazione degli spazi operativi. Altri luoghi possono essere utilizzati: dalla casa di abitazione alla casa di vacanza, dalla biblioteca al bar o ai locali di co-working, o come sta accadendo a Milano persino la piscina o la palestra. Per l’impresa si aprono nuovi scenari. Ad esempio si può pensare di ridisegnare la sede centrale e renderla più confortevole, attraente, accogliente. E non c’è più bisogno di organizzare in sede congressi o assemblee, che possono svolgersi attraverso collegamenti a distanza. Si pensi agli esborsi che in quelle occasioni sono legati ai trasferimenti, al vitto ed all’alloggio per consentire la presenza fisica di ciascuno. Cresce anche la produttività aziendale, perché lo Smart Working richiede un costante aggiornamento degli strumenti digitali, l’adozione di software più efficienti, per migliorare il coordinamento e rendere più chiari gli obiettivi. Un altro vantaggio ancora è la garanzia della continuità del business. Non ci sarà più il maltempo o l’interruzione dei collegamenti stradali o ferroviari a bloccare l’attività, che potrà proseguire da remoto.

 

Sicuramente ci sono anche svantaggi. Faccio un esempio banale: l’orario fisso può mettere il dipendente al riparo dallo sfruttamento.

Ogni innovazione comporta dei rischi. Paragonerei la diffusione del Lavoro Agile oggi all’arrivo dei computer o dei cellulari ieri. Quando comparvero nella nostra vita li vedevamo come strumenti potenzialmente pericolosi. Oggi non possiamo farne a meno. Il Lavoro Agile va maneggiato con cura e cautela. Certo, il rischio è di rimanere perennemente connessi, con una sovrapposizione fra tempi lavorativi e vita privata faticosa da gestire. Durante il lockdown questo lato negativo è stato vissuto in maniera esasperata sia perché il lavoro da casa era sostanzialmente imposto sia perché da casa non si poteva uscire. Guardiamo le cose però con uno approccio più ampio. Il Lavoro Agile è una scelta, fatta la quale dobbiamo essere bravi a distinguere i tempi di lavoro da quelli della vita privata. Dobbiamo darci un’agenda e condividerla con i collegh i.In accordo con l’azienda possiamo impostare degli strumenti  per governare la “disconnessione” e chiedere che sia disciplinata in maniera razionale. Ad esempio può essere sbagliato chiedere lo spegnimento del server aziendale dopo una certa ora, perché ciò diventa un limite per me nell’utilizzo del mio tempo. Ci si può accordare però affinché dopo quella certa ora io possa sì ricevere e leggere le e-mail ma non sia obbligato a rispondere. Per organizzare lo Smart Working in maniera da minimizzare gli eventuali svantaggi abbiamo a disposizione strumenti normativi e culturali. Imporre limiti uguali per tutti non conviene. Meglio avere strumenti uguali per tutti ma applicarli in maniera da consentire risposte diversificate a seconda delle esigenze individuali. Un altro punto delicato è la paura di perdere la postazione in ufficio e che il lavoro a distanza diventi un obbligo perenne. Se un’azienda agisce in questo modo viola la legge che definisce il Lavoro Agile una scelta. L’azienda è tenuta a garantire comunque a ciascun dipendente il suo spazio in sede.

 

Ci sono attività che forse non si prestano allo Smart Working. Difficile immaginare un’automobile costruita a distanza.

Dobbiamo fare uno sforzo per immaginare il cambiamento e anticiparlo, avere curiosità e disponibilità a leggere le evoluzioni in arrivo ed accoglierle. E’ vero, il Lavoro Agile è stato adottato e si è consolidato in ambito impiegatizio. Ma non possiamo non prevederne l’applicazione a comparti più produttivi. Sempre di più le attività manuali vengono sostituite dalle macchine, e sempre di più le macchine sono e potranno essere controllate a distanza. Passando ad un altro settore, vorrei citare l’esperimento molto particolare della Poliambulanza di Brescia per l’assistenza da remoto ai pazienti in dialisi, fornendo non solo consulenza ma anche diagnosi. Più in generale direi che bisogna farsi trovare pronti al cambiamento. Resistere non è sempre produttivo e scoraggia l’azienda dal procedere sulla via dell’innovazione. Il risultato è negativo sia per l’azienda che per il lavoratore. 

 

Conferma dunque la definizione che Lei ha dato recentemente del Lavoro Agile come un acceleratore del processi innovativi e un modo per adeguarsi al futuro? 

Mi occupo di Lavoro Agile da sette anni e ho capito che i motivi per cui vi si resiste corrispondono a fragilità organizzative. Quasi mai ci sono elementi ostanti il Lavoro Agile in sé, ma piuttosto criticità legate alle competenze individuali e ancora di più alla inadeguatezza tecnologica o alla mancanza di strumenti efficienti per la valutazione delle prestazioni. Mancano sistemi affidabili per valutare le performance individuali o per controllarne lo svolgimento se non in presenza fisica. C’è carenza di software gestionali efficienti. Ma se non siamo in grado di giudicare la prestazione di una persona che non sia presente nella stessa stanza, questo non è un difetto dello Smart Working, bensì un limite che ne prescinde.

Secondo un luogo comune lo Smart Working si adatta di più alle donne, perché permette loro di conciliare lavoro e attività casalinga. C’è qualcosa di vero?

“Variazioni” è nata anche con l’obiettivo di suggerire modi per conciliare vita privata e lavoro, in particolare nel caso delle donne. La nostra attività nel supporto alla gestione delle risorse umane aziendali aveva anche quella finalità. Abbiamo capito però che certi strumenti, dal part-time allo stesso tele-lavoro, a volte finivano con il penalizzare proprio le categorie a cui erano rivolti. Il part-time ad esempio procura una minore tutela previdenziale. Il tele-lavoro può ridursi a un fattore di separazione, perdita di contatti, e pur servendo un’esigenza personale, si traduce talvolta in un disinvestimento da parte dell’azienda nei confronti di quell’individuo. E’ un errore concepire lo Smart Working come strumento conciliativo anziché manageriale. Se viene concepito nel primo modo verrà usato meno e saranno danneggiati proprio coloro che hanno più bisogno di tutele conciliative, soprattutto le persone in età genitoriale. E infatti prima del lockdown il Lavoro Agile veniva usato in ugual misura da tutti gli interessati, ma, senza bisogno di una legge che stabilisse una priorità per le donne e le madri, di fatto erano proprio questa a beneficiarne di più. Ora Invece purtroppo il legislatore sembra orientato ad agire in modo opposto.

 

Cioè?

Ad esempio l’ultima legge finanziaria a fine 2019 ha stabilito che il Lavoro Agile sia prioritariamente assegnato alle madri. Questo crea problemi alle aziende, perché il Lavoro Agile dovrebbe essere una potenzialità a disposizione di tutti. Sono altri gli istituti cui ricorrere per proteggere le categorie fragili. Il 24 settembre il governo ha convocato le parti sociali per discutere di eventuali miglioramenti alla legge sullo Smart Working. A mio parere bisognerà avere il coraggio di dire che la legge del 2017 va bene così e funziona proprio perché non dice troppo e lascia alle persone e alle aziende il dettaglio della regolazione.

 

C’è una formula per assicurare che lo Smart Working funzioni davvero?

Il Lavoro Agile funziona quando tutti sono convinti nel considerarlo un’occasione di cambiamento. Funziona se c’è l’impegno dei dirigenti ad ogni livello, dall’amministratore delegato ai responsabili di ogni grado, gli addetti alle risorse umane, alla sicurezza, all’innovazione tecnologica, alle relazioni sindacali e alle questioni legali. Occorre un’operazione culturale preliminare importante. Devono essere coinvolti i manager intermedi, responsabili degli uffici. Vanno ascoltate le ragioni di chi manifesta dubbi e perplessità. Saltare dei passaggi nella filiera decisionale mette a repentaglio il successo dell’operazione. Il Lavoro Agile funziona di più anche laddove si è evitato di definire tutto nei minimi particolari, ingabbiandolo in una casistica eccessivamente minuziosa. Non si può applicarlo in maniera prescrittiva e gerarchica con istruzioni per l’uso calate dall’alto. Se ci si fida dei responsabili di ufficio, di team, di funzione, chiedendo loro di calibrare assieme ai lavoratori la giusta formula per l’utilizzo del Lavoro Agile, le cose girano bene. E’ un processo un po’ più lungo, ma dà risultati. Ha ragione il professor Maurizio Del Conte (autore della legge sul Lavoro Agile), quando sostiene che lo Smart Working prevede un trasferimento di fiducia decisionale. La fiducia deve arrivare sino all’ultimo livello decisionale. Se si saltano certi passaggi, anche in buona fede, con l’obiettivo di facilitare il compito ai livelli inferiori, in realtà poi accade che il Lavoro Agile o non viene usato oppure viene interpretato come un semplice strumento di welfare anziche un modo per lavorare meglio.

 

Quali sono i settori produttivi ai quali si adatta meglio il Lavoro Agile? 

Direi che nel settore manifatturiero c’è ancora una resistenza culturale di fondo. Nel bancario, che pure sta facendo un grande lavoro anche a livello di contrattazione nazionale e che è stato il primo comparto a muoversi verso lo Smart Working, persiste una tentazione iper-regolativa. E’ vero peraltro che più di ogni altra realtà economica, le banche sono alle prese con problemi seri di rispetto della privacy e protezione dei dati. Viceversa le Assicurazioni sono fra le più evolute e le più preparate sul terreno della partecipazione e della condivisione decisionale. In cima alla classifica metterei il settore chimico-farmaceutico, sempre attento al cambiamento e alle novità organizzative. In coda l’editoriale, molto arretrato su questo terreno. Questo vale meno per i media online, e riguarda soprattutto i quotidiani e la carta stampata in genere.

 

E nella pubblica amministrazione?

Se parliamo di enti locali, ministeri e altre realtà con forte presenza di staff, lo Smart Working può condurre a risultati positivi, oserei dire a quei risultati cui non hanno portato tutti i vari tentativi già fatti di aumentarne l’efficienza. Ma è uno strumento che va presidiato. Non si può pensare di risolvere il problema scrivendo un regolamento. L’approccio giusto richiede cooperazione fra dirigenti e collaboratori. Se consideriamo la Giustizia o l’Istruzione, non possiamo dire che il Lavoro Agile non funziona perché durante il Lockdown tribunali e scuole sono rimasti chiusi o hanno lavorato male. Non si possono imputare alle caratteristiche del Lavoro Agile le endemiche criticità ed inefficienze di certi settori.



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