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Quando il lavoro diventa un'ossessione: in arrivo una Legge per il diritto alla disconnessione

MERCOLEDÌ 27 GENNAIO 2021 | Lascia un commento
Foto Quando il lavoro diventa un'ossessione: in arrivo una Legge per il diritto alla disconnessione
Scritto da Stefania Pili

Lo smart working, il remote working e il telelavoro oramai imperversano nella nostra quotidianità da diverso tempo. Questo ricorso considerevole allo smart working (e simili) ha portato a una crescita esponenziale dell'economia digitale, portando numerosi lavoratori a sentirsi sballottati in una realtà completamente differente, senza un ufficio, senza l'aspetto relazionale con i colleghi e, spesso, senza un vero e proprio limite agli orari di lavoro.

Questo è il problema principale. Ottimo il non doversi spostare con il proprio mezzo o con i trasporti pubblici, risparmiando e salvaguardando l'ambiente, perfetto il connubio tra vita professionale e vita privata con maggior tempo a disposizione per le faccende domestiche, per i figli, per la famiglia e per dedicarsi a vari hobby e interessi... ma fino a che punto? Insomma, quando finisce effettivamente l'orario di lavoro? Il problema in sostanza è questo: l'estrema facilità di essere raggiunti tramite e-mail, chat e chiamate sul cellulare con la conseguente mancanza di disconnessione.

Per questi motivi si parla sempre più spesso di diritto alla disconnessione, ovvero, il diritto del lavoratore di non essere sempre reperibile. Lavorare da casa non significa dover rispondere alle e-mail o alle telefonate h24 ma, al contrario, concedersi le giuste pause e periodi di riposo. In parole ancora più semplici, la facilità di comunicazione data da smartphone, tablet e pc non deve giustificare una pronta risposta senza limiti di orario a ogni tipo di richiesta o necessità.
 

Leggi anche: “Come sconfiggere il mental load, il carico mentale che riduce la performance lavorativa

Una Legge per il diritto alla disconnessione

L'Enciclopedia Treccani definisce il diritto alla disconnessione come “il diritto di ciascuno a sottrarsi alla pervasività delle comunicazioni e informazioni che caratterizza la civiltà tecnologica avanzata nonché il diritto del lavoratore a periodi di tempo nei quali non essere connesso agli strumenti tecnologici e, in particolare, telematici utilizzati per le prestazioni lavorative”. Ma come garantire la facoltà di non essere costantemente interrotti e disturbati da datori e colleghi di lavoro, da pubblicitari e comunicatori sempre più invadenti?

In Francia, grazie alla Loi Travail, la recente riforma del lavoro, è stato concesso il diritto alla disconnessione per i dipendenti insieme al principio della non reperibilità (già sperimentato da alcuni contratti). In Germania, alla Volkswagen, le comunicazioni tramite cellulari aziendali sono state sospese tra le 18:15 e le 07:00 del mattino. In Italia, invece, la salvaguardia del tempo offline del lavoratore è ancora sotto esame. Di recente, infatti, il Parlamento europeo, grazie a un'iniziativa legislativa votata dalla stragrande maggioranza, ha esortato la Commissione a creare una legge per concedere il diritto, a chi lavora da casa, di poter spegnere il cellulare e il computer fuori dall'orario di lavoro senza subire discriminazioni, critiche e licenziamenti.

L’unico riferimento normativo al lavoro agile e ai suoi diritti si trova nella Legge 81/2017:

“Nel rispetto degli obiettivi concordati e delle relative modalità di esecuzione del lavoro autorizzate dal medico del lavoro, nonché delle eventuali fasce di reperibilità, il lavoratore ha diritto alla disconnessione dalle strumentazioni tecnologiche e dalle piattaforme informatiche di lavoro senza che questo possa comportare, di per sé, effetti sulla prosecuzione del rapporto di lavoro o sui trattamenti retributivi.”

Di conseguenza, il diritto alla disconnessione è rimesso alla contrattazione privata tra datore di lavoro e dipendente. Ecco cosa dice l'articolo 19:

“L’accordo relativo alla modalità di lavoro agile è stipulato per iscritto ai fini della regolarità amministrativa e della prova, e disciplina l’esecuzione della prestazione lavorativa svolta all’esterno dei locali aziendali, anche con riguardo alle forme di esercizio del potere direttivo del datore di lavoro ed agli strumenti utilizzati dal lavoratore... L’accordo individua altresì i tempi di riposo del lavoratore nonché le misure tecniche e organizzative necessarie per assicurare la disconnessione del lavoratore dalle strumentazioni tecnologiche di lavoro”.

Vi sono diversi esempi in Italia, come l'accordo siglato tra Barilla e le organizzazioni sindacali il 2 marzo 2015, in cui è previsto che lo svolgimento della prestazione lavorativa debba avvenire nel “normale orario di lavoro della sede di appartenenza" e che "durante lo svolgimento dello smart working, nell’ambito del normale orario di lavoro, la persona dovrà rendersi disponibile e contattabile tramite gli strumenti aziendali". Vi è anche l’accordo di Enel del 4 aprile 2017, dove si precisa che “il lavoro agile rappresenta una mera variazione del luogo di adempimento della prestazione lavorativa", e non dell’orario di lavoro. Ne consegue che il il dipendente è tenuto a essere a disposizione del datore di lavoro durante l’orario di lavoro e, pertanto, in quel periodo di tempo deve essere contattabile dal suo responsabile tramite gli strumenti tecnologici messi a sua disposizione. Un altro valido esempio è quello dell'Università dell'Insubria (Varese) del 7 aprile 2017, che ha emanato un decreto dedicato al diritto alla disconnessione dei propri dipendenti. L’Ateneo qualifica espressamente la disconnessione come il diritto a non rispondere a telefonate, e-mail e messaggi provenienti dall’ufficio, oltre che istituire il “Giorno di indipendenza dalle e-mail” ogni tre mesi, ossia il 21 marzo, il 21 giugno, il 21 settembre e il 21 dicembre.

 

Per approfondire: “Il lavoro da remoto tra isolamento e perdita di innovazione

Conseguenze pericolose per la salute

Il lavoro da casa, da quasi un anno, si è trasformato inaspettatamente in un cambiamento di abitudini e atteggiamenti che, spesso, vanno a gravare sulla vita professionale e privata dei lavoratori, a causa soprattutto della combinazione di orari di lavoro prolungati e di richieste sempre più numerose. La conseguenza più evidente, ormai, è la crescita dei casi di ansia, depressione, esaurimento e altri disturbi mentali e fisici.

Secondo uno studio di Eurofound (Fondazione europea per il miglioramento delle condizioni di vita e di lavoro), infatti, le persone che lavorano abitualmente da casa hanno più del doppio delle probabilità di lavorare oltre le 48 ore settimanali massime previste rispetto alle persone che lavorano nella sede del datore di lavoro. Inoltre, quasi il 30% dei telelavoratori dichiara di lavorare nel proprio tempo libero tutti i giorni o più volte alla settimana, a fronte del 5% di coloro che lavorano in ufficio.

Dati che fanno sicuramente riflettere. Per tutte queste motivazioni, il diritto alla disconnessione deve essere riconosciuto come diritto fondamentale. Questo consentirà ai lavoratori di astenersi dallo svolgere mansioni lavorative, come telefonate, e-mail e altre comunicazioni digitali al di fuori del loro orario di lavoro, comprese le ferie e altre forme di congedo, evitando discriminazioni, critiche, licenziamenti o altre ripercussioni negative da parte dei datori di lavoro.

 

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