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Lavorare 4 giorni a settimana: un incentivo alla salute e alla produttività aziendale?

VENERDÌ 15 NOVEMBRE 2019 | Lascia un commento
Foto Lavorare 4 giorni a settimana: un incentivo alla salute e alla produttività aziendale?
Scritto da Stefania Pili

Lavoro incessante, stress che si accumula, impegni improrogabili, scadenze imminenti: vi ritrovate nella descrizione di questo profilo? Non vi preoccupate, crediamo fermamente che sia il quadro generale della maggior parte dei lavoratori del XXI secolo. Internet e gli accessi semplificati 24h su 24h, 7 giorni su 7 e da qualsiasi dispositivo digitale consentono di essere collegati costantemente alla realtà lavorativa. Miglioramento degli strumenti a disposizione, o peggioramento della situazione psicologica dei lavoratori?

Una risposta univoca non esiste, possiamo solo confermare il fatto che la digitalizzazione aziendale aiuti senza dubbio in numerosi fattori, nel diminuire le distanze, nella velocità con la quale si portano a termine gli impegni e via dicendo, ma dall’altra parte, troppa responsabilità e attaccamento al lavoro, anche fuori dall’ufficio, possono risultare estremamente negativi per la salute. I dati parlano chiaro: la sindrome di burnout è in aumento: in uno studio condotto da Gallup nel 2018, società americana di analisi e consulenza con sede a Washington, si evince che il 23% dei lavoratori dichiara di sentirsi esaurito a lavoro, il 44%, invece, di sentirsi proprio burnout, bruciato, letteralmente. Un’altra ricerca portata avanti da Kronos Incorporated e Future Workplace nel 2017, ha evidenziato come su 614 leader delle risorse umane, quasi la metà degli intervistati ha dichiarato che la sindrome di burnout sia la causa di circa la metà del loro fatturato annuo della forza lavoro. 

Leggi anche: “Sindrome di Burnout: di cosa si tratta e come prevenirla

Dati che parlano chiaro e che manifestano un mancato equilibrio tra lavoro e vita privata, motivo per il quale si sta cercando di introdurre la settimana lavorativa di quattro giorni. Esperimento portato avanti dall’azienda Microsoft con l’iniziativa “Work Life Choice Challenge”, che in Giappone ha voluto testare la settimana di lavoro ridotta per i suoi 2.300 dipendenti della sede di Tokyo. Un’ottima idea per sperimentare il comportamento dei lavoratori e le sue conseguenze. 

I risultati della settimana corta: come ci si aspettava, davvero sorprendenti. Microsoft ha infatti dichiarato che per tutta la durata del test è aumentata la produttività (misurata in base alle vendite del dipendente), del 39,9% rispetto allo stesso mese dell’anno precedente (agosto 2018). Non possiamo che delineare un quadro di estrema positività, sviluppata grazie alla riduzione dei tempi impiegati nei vari processi lavorativi, compresi quelli dedicati alle riunioni aziendali (massimo 30 minuti), e della diminuzione dei costi aziendali (spese di energia elettrica scese del 23,1% e il consumo di carta destinata a stampe, fax e via dicendo è stato praticamente dimezzato).

Inoltre, i dipendenti si sono dimostrati estremamente soddisfatti: il 92,1% di essi ha infatti dichiarato di gradire la settimana lavorativa di quattro giorni, dato che fa capire quanto la riduzione delle ore lavorative sia direttamente proporzionata alla produttività e al benessere generale dei lavoratori. Cosa volere di più?

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Un cambiamento radicale che piace molto anche all’attuale presidente dell’INPS Pasquale Tridico, che da tempo sostiene l’idea della riduzione dell’orario di lavoro a parità di stipendio, sia per poter incrementare l’occupazione e ridistribuire la ricchezza, ma anche per aumentare la produttività e avere maggiore tempo libero a disposizione.

Molto interessante anche il fatto che lo stesso esperimento in casa Microsoft prenderà nuovamente vita il prossimo inverno grazie ai risultati ottenuti. Ma a imboccare questa strada per ora non è stata solo Microsoft, ma anche altre aziende del panorama europeo: in Olanda la settimana lavorativa è di 4 giorni e 29 ore di lavoro settimanali, in Norvegia 33 ore di lavoro a settimana con 21 giorni di ferie pagate e 43 settimane di congedo parentale, in Danimarca 33 ore lavorative a settimana, in Belgio 35 ore settimanali con una riduzione a 30 ore e 24 minuti a settimana. 

Ecco ora le altre importanti aziende che hanno testato la settimana lavorativa di quattro giorni:

 

  • Shake Shack: catena di ristorazione famosa principalmente per gli hamburger che ha iniziato a testare la settimana di quattro giorni presso alcune delle sue sedi (ora circa un terzo delle sedi continua con questa metodologia). I risultati sono molto positivi come conferma il suo CEO Randy Garutti: “Stiamo davvero ascoltando i nostri manager, comprendendo come sono i loro stili di vita, quali sono le cose che vogliono”;

 

  • Basecamp: società specializzata in software di gestione che ha sperimentato la settimana corta durante la stagione estiva. Chase Clemons, responsabile del team di assistenza clienti, in un’intervista alla CNBC ha dichiarato: “La settimana lavorativa di 32 ore aiuta i dipendenti a concentrarsi sulle attività più importanti per il loro lavoro”. E ancora: “Trentadue ore ci costringono a dare la priorità a ciò su cui lavoriamo” - “Non si tratta di lavorare più velocemente, ma piuttosto di lavorare in modo più intelligente”;

 

  • Uniqlo: società giapponese che produce abbigliamento con vendita al dettaglio, che ha permesso a un quinto dei suoi dipendenti di prendere parte all’esperimento dei quattro giorni lavorativi settimanali. Questo ha permesso, a chi lavorava con un contratto a tempo pieno, di rimanere in azienda senza passare al part-time, raggiungendo un miglior equilibrio tra vita privata e lavoro;

 

  • Perpetual Guardian: società che gestisce proprietà e testamenti, da marzo 2018 è impegnata in un processo che va sicuramente a favore dei suoi dipendenti. Ha infatti assegnato un giorno di ferie a tutti i 240 dipendenti in tutta la Nuova Zelanda; inoltre, sono stati pagati allo stesso modo per aver lavorato 30 ore settimanali totali per la produzione della stessa quantità di lavoro. Il risultato è stato un maggior coinvolgimento del team e una diminuzione considerevole dello stress. 

 

  • Wildbit: azienda specializzata in software che dal 2017 è impegnata nell’esperimento ripetuto della settimana lavorativa di quattro giorni, specialmente nei periodi più duri dell’anno. Col tempo è riuscita a offrire ad alcuni dipendenti il lunedì libero (al posto del venerdì) e a oggi riflette sul testare giorni di lavoro più brevi anzichè interi giorni liberi. 

E in Italia? Avremo mai la fortuna e il privilegio di poter cambiare in meglio la situazione lavorativa attuale? In Inghilterra c’è già chi sostiene a gran voce il minor carico di lavoro, come la New Economics Foundation, ente che ha lo scopo di trovare modi di vivere più sereni. Tramite la “Campagna per la settimana ridotta” si vuole infatti ottenere uno stile di vita professionale molto più leggero e salutare che, per forza di cose, va anche a incidere positivamente sulla sfera privata . Alice Martin, membro del think tank britannico spiega che: “Ottenere orari di lavoro più brevi senza perdita di retribuzione offre un modo per affrontare i sintomi del superlavoro, offrendo alle persone più tempo per rilassarsi, trascorrere del tempo con amici e familiari, partecipare ai processi democratici e adempiere alle responsabilità di cura”.

Inoltre, da ricerche condotte dal British Safety Council, nel 2017-2018, è emerso che ben il 57% dei giorni di malattia era dovuto ad ansia, stress o depressione legata al lavoro; il 44% dalla pressione del carico di lavoro.

Adottare la settimana di lavoro ridotta aiuterebbe senza dubbio a vivere con maggiore serenità e voglia di fare, aumentando la produttività e la gioia di pensare a una vita più organizzata e ricca di soddisfazioni. I dati evidenziano un malessere sempre più crescente unito a una soddisfazione economica aziendale minore: perché allora non provare perlomeno a sperimentare e a capire come poter migliorare? Per ora aspettiamo fiduciosi in un cambiamento concreto e che aiuti davvero il Paese a crescere e procedere nella direzione giusta, quella dei lavoratori. 

Leggi anche: “Essere infelici sul posto di lavoro: cause e conseguenze di un malessere sempre più comune



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