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I contratti di lavoro più conosciuti in Italia: quali sono e in cosa consistono

VENERDÌ 19 FEBBRAIO 2021 | Lascia un commento
Foto I contratti di lavoro più conosciuti in Italia: quali sono e in cosa consistono
Scritto da Stefania Pili

Le principali tipologie di contratto in Italia possono essere diverse a seconda del tipo di lavoro svolto e della sua durata. Il contratto di lavoro, innanzitutto, serve per costituire un rapporto di lavoro e a regolare l'attività lavorativa tra un datore di lavoro e un lavoratore. In ogni contratto di lavoro, il principale obbligo del lavoratore è di svolgere l'attività che gli viene assegnata, mentre, da parte del datore di lavoro, deve esserci la responsabilità di pagare la retribuzione concordata.

Si tratta, ovviamente, solo di alcune delle condizioni che devono essere rispettate da parte di entrambi. La durata di queste condizioni varia a seconda del tipo di contratto stipulato: in un contratto di lavoro a tempo indeterminato, ad esempio, non hanno una scadenza prefissata, in tutti gli altri contratti, invece, è prevista una precisa scadenza.

Vi sono anche altre tipologie di contratto di lavoro: in alcuni casi si tratta di contratti a scadenza, mentre, in altri casi, possono essere più flessibili: dal contratto a termine a quello stagionale, dalla somministrazione al lavoro a chiamata, fino al contratto di prestazione occasionale. Inoltre, altre disposizioni derivanti dai Contratti Collettivi, possono cambiare a seconda dell’inquadramento del lavoratore e della sua anzianità, o, ancora, delle disposizioni in materia di contributi e assicurazione, o, ancora, di incentivi all’assunzione.

Nello specifico, in quest'articolo andremo a descrivere le forme di contratto più conosciute in Italia: il contratto a tempo indeterminato, a tempo determinato, a somministrazione e part time (o parziale).

 

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Contratto a tempo indeterminato

Il contratto di lavoro a tempo indeterminato, introdotto dal Dlgs 4 marzo 2015 n.23, si basa un tipo di assunzione definitiva, ovvero, in cui non è prevista una data di conclusione del rapporto di lavoro. Si tratta, quindi, di un contratto che dura fino a quando una delle due parti non decide di porvi fine, nei casi e nei modi consentiti dalla Legge. La sua regolamentazione specifica rispetto al ruolo, alla mansione e al livello del lavoratore è definita dai Contratti Collettivi Nazionali, con caratteristiche differenti a seconda dei casi. I diritti fondamentali del lavoratore che possiede questo tipo di contratto sono:

  • retribuzione;

  • ferie;

  • tredicesima;

  • liquidazione alla fine del rapporto di lavoro;

  • periodi di permesso per malattia, maternità o infortunio.

In caso di licenziamenti illegittimi, i lavoratori sono tutelati da un’indennità economica proporzionata alla loro anzianità aziendale. Comportamenti discriminatori o palesemente strumentali dei datori di lavoro sono sanzionati con la reintegrazione del dipendente. Inoltre, si previene il contenzioso giudiziario tramite semplificazioni procedurali e un nuovo modello di conciliazioni. Grazie allo Statuto dei Lavoratori (legge n. 300 del 20 maggio 1970) ed il Jobs Act (legge n. 183 del 10 dicembre 2014) si offre al datore di lavoro la possibilità di risolvere il rapporto di lavoro e licenziare il lavoratore solo in caso di giusta causa o giustificato motivo oggettivo. Nel caso il lavoratore venga licenziato fuori dai casi consentiti dalla Legge, lo Statuto dei Lavoratori entra in gioco con la richiesta di reintegrazione nel suo posto di lavoro (a patto che non scelga lui di farsi risarcire e cercare un altro lavoro). Il Jobs Act, invece, prevede che chi sia stato licenziato, possa ottenere soltanto un indennizzo (tanto più alto quanto maggiore è l’anzianità di servizio), ma non la reintegrazione nel posto di lavoro da cui è stato allontanato.

Un contratto di lavoro a tempo indeterminato può essere regolato solo da una di queste Leggi, non da tutte e due insieme. Ricadono sotto lo Statuto dei Lavoratori tutti i contratti di lavoro a tempo indeterminato stipulati prima del 7 marzo 2015 e sotto il Jobs Act tutti quelli stipulati a partire da quel giorno; significa che un lavoratore a tempo indeterminato licenziato senza giusta causa o giustificato motivo oggettivo può riavere il suo vecchio posto di lavoro (ma può scegliere invece di farsi dare un indennizzo e cercare un altro posto di lavoro) solo se è stato assunto prima del 7 marzo 2015. Se, invece, è stato assunto da quel giorno in poi, può soltanto ottenere il risarcimento del danno.

 

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Contratto a tempo determinato

Si tratta di un contratto con una scadenza prefissata, indicata sin dall'inizio dell'accordo. Per questo motivo, deve essere stipulato in forma scritta, a patto che la durata del rapporto di lavoro sia inferiore ai 12 giorni. Il contratto a tempo determinato non può durare più di 12 mesi (prorogabili fino a 24). Può essere prorogato fino a un massimo di 5 volte; una o più proroghe non escludono la possibilità di rinnovo; il rinnovo è possibile a prescindere dal fatto che vi siano state proroghe o meno. In caso di rinnovo, o di proroga per oltre 12 mesi, occorre indicare la causale che giustifica il rinnovo o la proroga.

La Legge fissa un numero massimo di lavoratori assunti a tempo determinato in proporzione a quelli a tempo indeterminato (per evitarne un ricorso massiccio). Nel caso si volesse far passare un lavoratore dal tempo determinato al tempo indeterminato, occorre considerare i seguenti fattori:

  • prosecuzione dell’attività lavorativa per un certo periodo oltre la scadenza;

  • prosecuzione dell’attività lavorativa dopo la quarta proroga;

  • rinnovo del contratto in tempi più stretti di quelli imposti dalla legge.

Qualora, infatti, il limite di 36 mesi venisse superato, sia con un contratto unico di 3 anni, sia con un contratto prorogato, sia con diversi contratti a tempo indeterminato nella stessa azienda, il contratto si trasforma automaticamente a tempo indeterminato. La trasformazione avviene anche nel caso in cui il contratto venga prorogato per la sesta volta.

 

Contratto di somministrazione

Il contratto di somministrazione, fino all’introduzione del Dlgs 10 settembre 2003, n. 276, era chiamato contratto di lavoro interinale: si tratta di un contratto di lavoro nel quale esiste un intermediario tra il datore e il lavoratore, come un'Agenzia per il Lavoro autorizzata che, per l'appunto, somministra alle aziende le prestazioni dei lavoratori. Il lavoratore, quindi svolgerà la sua professione presso l’azienda pur essendo formalmente dipendente dell’Agenzia per il Lavoro. Le aziende non possono utilizzare il contratto di somministrazione nel caso in cui:

  • si vogliano sostituire lavoratori in sciopero;

  • nei 6 mesi precedenti siano stati effettuati licenziamenti di lavoratori con mansioni analoghe;

  • si tratti di aziende con dipendenti in Cassa Integrazione Guadagni.

Il contratto di somministrazione può essere a tempo determinato o indeterminato. La prima tipologia è quella più utilizzata poiché i datori di lavoro possono sostituire temporaneamente lavoratori assenti per diverse motivazioni come malattia, infortunio o maternità. Un altro caso è quando si ha la necessità di far fronte a esigenze momentanee, come, ad esempio, l’aumento di lavoro in determinati periodi dell’anno. Il contratto di somministrazione a tempo indeterminato può, invece, essere stipulato solo in alcuni casi limitati, definiti dalla Legge.

 

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Contratto part-time (a tempo parziale)

Con il contratto part-time, la suddivisione degli orari può variare, l'importante è che abbia un regime orario settimanale inferiore alle 40 ore, solitamente 20 o 30.

Un contratto part-time di 20 ore settimanali, ad esempio, può avere le seguenti caratteristiche:

  • un part-time orizzontale quando le 20 ore sono suddivise in 4 ore al giorno per 5 giorni;

  • un part-time verticale quando le 20 ore a settimana vengono svolte per 2 giorni interi (8 ore al giorno) e 1 mezza giornata (4 ore);

  • un part-time misto quando viene utilizzata una via di mezzo fra le precedenti, ad esempio 20 ore suddivise in due giorni da 6 ore e 2 da 4 ore.

I diritti del lavoratore con contratto di lavoro a tempo parziale (o part-time) sono gli stessi di coloro che sono vincolati da un contratto full-time (a tempo determinato o indeterminato), con la differenza, laddove necessaria, calcolata in base al numero effettivo di ore svolte.

La disciplina di tale istituto è stata inclusa nel Decreto Legislativo 81/2015 che ha abrogato il Decreto Legislativo 61/2000. Il contratto deve contenere la precisa determinazione degli orari ridotti, in modo da permettere al lavoratore l’organizzazione e la gestione del proprio tempo. L’orario può però essere modificato tramite l’apposizione, in forma scritta nel contratto, di apposite clausole, la cui applicazione deve essere preavvisata al lavoratore:

  • le clausole flessibili prevedono la possibilità di modificare la collocazione temporale della prestazione di lavoro e possono essere contenute in tutte e tre le tipologie di contratto part-time;

  • le clausole elastiche prevedono la possibilità di aumentare il numero delle ore della prestazione di lavoro rispetto a quanto fissato originariamente, e possono essere stipulate nei rapporti di part-time verticale o misto.

 

Nel prossimo articolo del nostro Blog, parleremo degli altri contratti di lavoro esistenti in Italia. Conoscerli nel dettaglio, infatti, può risultare davvero molto utile per chi cerca un impiego, anche a breve termine. Informazioni preziose anche per chi ha appena concluso un percorso di studi o di formazione, e sente il bisogno di imparare sul campo. Nello specifico, andremo ad approfondire il contratto di lavoro a chiamata e a progetto, il contratto di lavoro accessorio, il contratto di lavoro in apprendistato, in tirocinio formativo, di orientamento e il contratto di prestazione occasionale.

 

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