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Smart working: ecco perché è la prima richiesta nei colloqui di lavoro

MERCOLEDÌ 27 AGOSTO 2025 | Lascia un commento
Foto Smart working: ecco perché è la prima richiesta nei colloqui di lavoro
Scritto da Stefania Pili
Negli ultimi anni, il mondo del lavoro italiano ha cambiato pelle in modo radicale, plasmato dal valore crescente dello smart working e della flessibilità. Un cambiamento che i manager raccontano con grande chiarezza nel reportage pubblicato dal Corriere della Sera: oggi, in sede di colloquio, la richiesta di poter lavorare da remoto o con orari flessibili supera ormai quella dello stipendio.

 

Smart working: ecco perché è la prima richiesta nei colloqui di lavoro. Non si tratta più di un semplice desiderio, ma di una vera e propria priorità per i candidati, soprattutto tra le generazioni più giovani.
 

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Lo smart working è il nuovo “benefit”: cosa chiedono i candidati

Durante i colloqui, sempre più persone pongono la domanda cruciale: “Quanto posso lavorare da remoto? Qual è il livello di flessibilità?”. Questo sorpasso rispetto a benefit tradizionali come la retribuzione mostra quanto sia centrale per tutti, giovani e adulti, il benessere, il bilanciamento tra vita privata e lavoro, il senso di autonomia sul proprio tempo. Le aziende che non si adattano rischiano di perdere i talenti migliori.

E la tendenza è confermata dai numeri: nel 2025 in Italia si stima che saranno oltre 3,75 milioni i lavoratori coinvolti nello smart working, un trend che cresce soprattutto tra le grandi imprese e nella Pubblica Amministrazione. Non solo: per il 73% degli occupati che utilizzano il lavoro agile, tornare a lavorare sempre e solo in ufficio sarebbe ormai “difficile da accettare”, tanto che molti chiederebbero un aumento di almeno il 20% per rinunciare alla flessibilità.

 

Il nuovo equilibrio nel lavoro e la sfida tra generazioni

Il lavoro oggi si costruisce intorno alla persona, non solo al ruolo. Secondo i manager intervistati dal GIDP, il desiderio di autonomia e senso di partecipazione sta portando tutti, giovani, senior, professionisti affermati, a rivalutare il proprio rapporto con l’azienda. In nove organizzazioni su dieci lavorano insieme almeno tre generazioni; ciascuna vive diversamente il digitale, lo stile comunicativo e la motivazione. Dove si investe in mentoring e progetti di integrazione tra età diverse, la crescita è tangibile; dove invece mancano momenti di confronto, il rischio è una cultura aziendale frammentata.

 

La formazione come risorsa per il futuro

Il mismatch tra domanda e offerta di competenze è ancora forte. Molte aziende non trovano profili già formati e devono investire nella formazione interna, creando percorsi che aiutano i giovani ad acquisire competenze trasversali ed esperienza. In parallelo, anche la formazione manageriale evolve: sempre più leader devono imparare a coordinare team distribuiti, motivando e supportando persone che lavorano in modo agile anche da luoghi e ritmi diversi.

Verso un modello sostenibile e umano

Guardando al futuro, la vera sfida è mantenere l’efficienza e la produttività senza compromettere la salute mentale, il senso di appartenenza e il benessere delle persone. Lo smart working deve diventare “davvero smart”: va monitorato e migliorato ogni giorno, integrando protocolli di salute, formazione specifica e modelli di leadership inclusivi.
 

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Consulta anche: “Red Flags nei colloqui di lavoro: 8 segnali da riconoscere
 

Fonti:
– Corriere della Sera, “Milano, i manager rivelano: nei colloqui di lavoro lo smart working è diventato prioritario
– Oggi Benessere, “Smart working nel 2025, i dati fra luci e ombre



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