Smart working: ecco perché è la prima richiesta nei colloqui di lavoro. Non si tratta più di un semplice desiderio, ma di una vera e propria priorità per i candidati, soprattutto tra le generazioni più giovani.
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Durante i colloqui, sempre più persone pongono la domanda cruciale: “Quanto posso lavorare da remoto? Qual è il livello di flessibilità?”. Questo sorpasso rispetto a benefit tradizionali come la retribuzione mostra quanto sia centrale per tutti, giovani e adulti, il benessere, il bilanciamento tra vita privata e lavoro, il senso di autonomia sul proprio tempo. Le aziende che non si adattano rischiano di perdere i talenti migliori.
E la tendenza è confermata dai numeri: nel 2025 in Italia si stima che saranno oltre 3,75 milioni i lavoratori coinvolti nello smart working, un trend che cresce soprattutto tra le grandi imprese e nella Pubblica Amministrazione. Non solo: per il 73% degli occupati che utilizzano il lavoro agile, tornare a lavorare sempre e solo in ufficio sarebbe ormai “difficile da accettare”, tanto che molti chiederebbero un aumento di almeno il 20% per rinunciare alla flessibilità.
Il lavoro oggi si costruisce intorno alla persona, non solo al ruolo. Secondo i manager intervistati dal GIDP, il desiderio di autonomia e senso di partecipazione sta portando tutti, giovani, senior, professionisti affermati, a rivalutare il proprio rapporto con l’azienda. In nove organizzazioni su dieci lavorano insieme almeno tre generazioni; ciascuna vive diversamente il digitale, lo stile comunicativo e la motivazione. Dove si investe in mentoring e progetti di integrazione tra età diverse, la crescita è tangibile; dove invece mancano momenti di confronto, il rischio è una cultura aziendale frammentata.
Il mismatch tra domanda e offerta di competenze è ancora forte. Molte aziende non trovano profili già formati e devono investire nella formazione interna, creando percorsi che aiutano i giovani ad acquisire competenze trasversali ed esperienza. In parallelo, anche la formazione manageriale evolve: sempre più leader devono imparare a coordinare team distribuiti, motivando e supportando persone che lavorano in modo agile anche da luoghi e ritmi diversi.
Guardando al futuro, la vera sfida è mantenere l’efficienza e la produttività senza compromettere la salute mentale, il senso di appartenenza e il benessere delle persone. Lo smart working deve diventare “davvero smart”: va monitorato e migliorato ogni giorno, integrando protocolli di salute, formazione specifica e modelli di leadership inclusivi.
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Fonti:
– Corriere della Sera, “Milano, i manager rivelano: nei colloqui di lavoro lo smart working è diventato prioritario”
– Oggi Benessere, “Smart working nel 2025, i dati fra luci e ombre”